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La Torre svetta sul colle di Arcetri, «entra» nelle fotografie con la basilica di San Miniato o di Forte Belvedere

La storia. Fotografata da fiorentini e turisti, svetta accanto al Forte Belvedere e a San Miniato al Monte ma è off limits da quando Bardini la trasformò secondo il gusto neogotico: un libro di Nardi racconta

La Torre svetta sul colle di Arcetri, «entra» nelle fotografie con la basilica di San Miniato o di Forte Belvedere, ma per quanto suggestiva è un falso. Un tassello della poco nota, e per certi versi incredibile, storia di edifici medievali che nell’Ottocento conobbero nuova vita, fino a diventare quella Torre del Gallo che tutti i fiorentini conoscono ed i turisti vedono quasi sempre da lontano. Una storia iniziata nel IX secolo, piena di sorprese, come l’essere stata oggetto del primo processo per deturpazione di beni storici, intentato contro il ricchissimo e potente antiquario e collezionista Stefano Bardini che l’aveva stravolta per creare un castello neogotico, più vicino ai suoi gusti e alla moda del tempo.
Il secolo cruciale del complesso, tra Ottocento e Novecento, è al centro del libro La Torre del Gallo. Da Galileo a Stefano Bardini,di Alessandra Nardi, Polistampa edizioni, il primo dedicato all’edificio, ricco di fotografie e documentato. Tutto comincia prima dell’anno Mille, con l’edifico costruito in posizione dominante sul colle dalla casata ghibellina dei Galli – da qui il nome Torre del Gallo – che con la caduta in disgrazia del loro partito videro il bene sequestrato e parzialmente distrutto e poi finire ai Lamberteschi, che ricostruirono la torre. A metà del Quattrocento torre e poderi andarono ai Lanfredini, che possedevano l’adiacente villa la Gallina e le due proprietà divennero un unico complesso e rimasero ai Lanfredini per tre secoli. La Torre del Gallo era diversa da quella che vediamo oggi: squadrata e bassa con attaccata una casa colonica signorile,e passata al conte Paolo Galletti, divenne celebre come sede di un museo di Galileo, voluto dal conte-collezionista sulla base di una tradizione fiorentina che faceva della torre uno dei luoghi di osservazione del grande scienziato. Come più tardi Bardini, Paolo Galletti versò fiumi di denaro e anni di vita nella sua impresa e nel 1872 il conte aprì un piccolo museo esponendovi cimeli, busti e ritratti di Galileo, compreso quello celebre attribuito al Sustermans ed esposto nel grande salone al piano terreno, assieme ad autografi e carteggi dello scienziato. Galletti nella vicina villa Gallina scoprì anche affreschi di Antonio Pollaio e questo rese ancora più celebre il complesso, che divenne tappa quasi obbligata degli stranieri del Grand Tour, grazie anche al fatto che la «Torre del Gallo o di Galilei» era inserita nelle guide straniere. Sul colle salì banche comprese,e alla fine la Torre e la Gallina gli furono pignorate e messe all’asta (la sua collezione galileiana fu più tardi dispersa tra i vari compratori).
Era il 1901 e qui entra in scena Stefano Bardini che acquistò la proprietà per trasformarla in un castello neo-medievale, vetrina per la sua attività di antiquario e per incantare i visitatori. Con il gusto scenografico e la sua spregiudicatezza, Bardini trasformò completamente gli ambienti, usando anche, come era solito fare, oggetti di arte antica, colonne, capitelli, soffitti antichi. Un cantiere infinito, durato 13 anni, e quando Bardini morì nel 1922 lasciò in eredità al Comune di Firenze il palazzo in piazza dei Mozzi, con tutti i pezzi di arte e antiquariato al suo interno, poi diventato il museo con il suo nome, mentre la Torre allo restò alla sua famiglia. Molto prima però iniziarono per Bardini i problemi con la Torre del Gallo, che aveva ampliato e modificato, senza aver prima avvertito il ministero nonostante la Torre fosse Monumento Nazionale: risultato, nel 1905 l’antiquario finì a processo con l’accusa di lavori non autorizzati. Tre anni dopo, nonostante due assoluzioni in primo grado, Bardini fu condannato per violazione della legge sui Monumenti Nazionali, passaggio decisivo per la politica e la legislazione italiana sui beni culturali. Nonostante disavventure giudiziarie e polemiche i lavori furono portati avanti e tra i primi visitatori della «nuova» Torre del Gallo ci fu Gabriele d’Annunzio, entusiasta,e Mario Nunes Vais e Vittorio Alinari lodarono la sua opera, mentre l’anziano collezionista continuava a lavorare sull’allestimento che completò nel 1915 con un lapidario con sculture, bassorilievi e sarcofagi. La Torre fu aperta a pochi privilegiati, Stefano Bardini ne vietò l’accesso agli italiani per evitare che vi entrassero, in forma anonima, funzionari della soprintendenza, mentre villa la Gallina rimase sempre residenza privata. Morto l’antiquario, la torre tornò nell’oblio e durante la Seconda Guerra Mondiale l’edificio fu sede dell’Istituto Farmaceutico Militare, poi della Federazione Fascista e, dopo essere stato requisito dalle truppe inglesi, campo di prigionia. Negli anni Cinquanta del secolo scorso Torre e Villa furono vendute a privati, rimanendo da allora chiuse a fiorentini e visitatori, ma grazie alle belle fotografie del libro vi si può fare una visita virtuale. Oggi frammenti della collezione galileiana del conte Galletti sono all’Archivio di Stato di Firenze e alla Wellcome Library di Londra.
Data recensione: 03/01/2023
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Mauro Bonciani