chiudi

Il fascismo, la guerra, la resistenza e la deportazione; il gruppo fiorentino dei liberalsocialisti, i fogli clandestini, Monte Giovi, Villa Triste e Mauthausen: volti, nomi, luoghi che

Il fascismo, la guerra, la resistenza e la deportazione; il gruppo fiorentino dei liberalsocialisti, i fogli clandestini, Monte Giovi, Villa Triste e Mauthausen: volti, nomi, luoghi che il novantenne Max Boris, poco prima della scomparsa nel dicembre 2005, affida alle pagine di questo libro-intervista, curato da Simone Neri Serneri, professore straordinario di Storia contemporanea, presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Siena, già autore di Storia dell’ambiente e storia del territorio. La Toscana contemporanea (Angeli, 2002); Boris narra i fatti con lo spirito e l’entusiasmo di un giovane che non “smette di interrogarsi sul senso da dare alla propria vita”, e lo fa per “un dovere della memoria, imposto dal mutare dei tempi, dall’affacciarsi di nuove generazioni che non hanno conosciuto il fascismo, la dittatura e lo sterminio”, eventi entrati prepotentemente nella sua vita alla fine degli anni Trenta, quando prese a frequentare un gruppo di antifascisti fiorentini, quello che poi sarebbe diventato uno die nuclei fondatori del Partito d’Azione: “Quel coinvolgimento si fece via via più intenso, – racconta Max Boris – con la caduta del regime fascista nell’estate del 1943 e, dopo l’8 settembre, con l’occupazione tedesca e il ritorno del fascismo di Salò”. È in questo momento che il giovane insieme ai compagni si dedica alle azioni di sabotaggio, alla raccolta delle armi e ai contatti con gli Alleati, che culmineranno in un epico “lancio” su Monte Giovi tra l’11 e il 14 febbraio 1944.
Poco dopo Boris viene arrestato, torturato dalla Banda Carità e avviato in Germania. Max Boris ha portato con sè per tutta la vita il ricordo e la pena infinita per quei giorni e ha voluto sottolineare la grande difficoltà che si incontra ogni qual volta si voglia far capire la condizione esistenziale di un internato: “Quando ho detto che da Fossoli siamo partiti in novecentosessanta – racconta nell’ultima parte del libro – e siamo tornati in centoquaranta, è una frase che dura tre secondi, e non fa in tempo a darti un’immagine della realtà. Ma quando ci sei dentro, e li vedi scomparire uno alla volta, più o meno tragicamente, accanto a te che stai già male per conto tuo e devi lottare per farcela (…) e tutta un’altra cosa e non puoi pensare che la capisca chi non l’ha vissuta”.
Data recensione: 30/10/2006
Testata Giornalistica: inToscana.it
Autore: ––