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Il ponderoso diario di Giulio Prunai, che consta di ben tre volumi, testimonia l’importanza della diaristica nello studio

Il ponderoso diario di Giulio Prunai, che consta di ben tre volumi, testimonia l’importanza della diaristica nello studio della storia degli Internati Militari Italiani (IMI). A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, la sezione fiorentina dell’Associazione nazionale ex internati (ANEI) ha spesso contribuito alla pubblicazione di simili opere, ed anche nel caso della testimonianza di Giulio Prunai, l’ANEI si è spesa in tal senso. L’edizione del diario è rispettosa delle indicazioni dell’autore, dettaglio non secondario per un documento di circa 1000 pagine dattiloscritte, che nell’edizione della Polistampa è corredato dal commento di Nicola Labanca (pp. XXXVII–LXXVIII). Nei tre tomi, l’autore, archivista senese, appunta le tappe del suo lungo peregrinare: Tolone (settembre 1943), Trier, Limburg e Deblin (novembre 1943), Wesuwe (marzo 1944), Oberlangen (settembre 1944), Sandbostel e Wietzendorf (novembre 1944), Bergen (aprile 1945) ed ancora Wietzendorf prima del ritorno a Siena (settembre 1945). L’affresco storico disegnato dall’ufficiale di complemento della Marina, catturato l’8 settembre a Tolone, ha un’importanza non irrilevante per molteplici ragioni. La prima risiede nell’aver ristabilito il giusto peso della singola esperienza d’internamento in un discorso sovente condizionato da una retorica che ha privilegiato la dimensione dell’istituzione militare. Il percorso intimo della testimonianza di Giulio Prunai riafferma invece la grande dignità della singola scelta, che negli ufficiali fu certamente testimonianza dei valori antitedeschi più che antifascisti. È lo stesso Giulio Prunai a guidarci nell’analisi delle motivazioni del “no”, non dettate da eventi casuali, e spesso affiancate dal pensiero rivolto ai familiari: “non ho nessuna voglia di soffrire e far soffrire la fame e la miseria a voi per un colpo di testa“ (p. 421). Si tenga presente che Prunai è un conservatore che, conoscendo perfettamente il significato politico della non adesione alla Repubblica sociale italiana, non omette, ed anzi registra, la mutevolezza del comportamento degli IMI di fronte alla scelta. Il lettore può facilmente scrutare le oscillazioni attorno alle prospettive dell’adesione, anche in rapporto alla pratica del lavoro obbligatorio durante la “civilizzazione” che assorbe gli internati nell’economia di guerra del Reich: “Visita ai volontari tessili da parte del padrone di una fabbrica, nel teatro, è una visita vera del negriero, palpa le braccia, tasta, guarda le condizioni e la prestanza fisica.” (p. 714) Inoltre, il testo aiuta a chiarire molte delle questioni ancor oggi oggetto di discussioni storiografiche. Anche grazie alla natura di un’opera diaristica, cronaca quotidiana dei fatti, troviamo cristallizzati i momenti chiave della transizione giuridica dei militari italiani: “All’adunata della mattina si ha la notizia ufficiale che il Regno d’Italia è in guerra con la Germania da ieri; dovremmo allora essere considerati prigionieri di guerra (Kriegsgefangenen) e non Internierten.” (p. 45) Immergendoci nella lettura del diario possiamo quindi scansare con maggior sicurezza alcune letture banalizzanti, che hanno teso a ridurre la drammaticità dell’in ternamento. Sotto questo punto di vista, alcuni corsivi molto significativi sono riservati alla fase dell’estate 1944, quando la prigionia divenne durissima: “Anche stanotte sono stato male; ho sognato un monte di gente morta: mio padre, il mio nonno, la mia nonna, mia suocera, poi che ero nell’orto che è sotto casa mia dove era la mamma di Guzman, egualmente morta.” (p. 476) Un ulteriore aspetto riguarda le importanti note dedicate al funzionamento delle istituzioni del concentramento. Qui le annotazioni hanno il pregio di restituire l’immagine degradante dei campi, evidente nella sottoalimentazione e nel disprezzo razziale. Giulio Prunai tiene sempre in considerazione il travaglio dei compagni di prigionia, ricercando una sintesi proprio nella sostanziale unitarietà del fenomeno storico dell’internamento, che uccide a livello spirituale prima che nel fisico: “Il pericolo non sono i pidocchi a cui ci possiamo abituare come ci siamo abituati alle pulci ed alle cimici (facilis descensus Averni), a cui del resto gli ufficiali dei reparti di linea sono avvezzi, ma per il tifo petecchiale che possono portare essendo infestatori di topo.” (p. 620). Come altri ufficiali, l’autore aveva infine compreso gli enormi limiti politici della RSI, definita “sedicente governo repubblicano“. Nell’estate 1944, non a caso, annota l’avvenuta “lettura di un memoriale presentato al comando tedesco; si tratta di una protesta contro il lavoro obbligatorio, molto abile e ben fatta; dice che la qualifica internati non si addice ad ufficiali dell’esercito regio” (p. 525). Una fotografia nitida che conferma le grandi capacità di lettura di una parte della galassia IMI.
Data recensione: 01/01/2022
Testata Giornalistica: Quellen Und Forschungen
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