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Questo è il messaggio che ci ha lasciato Alberti con la sua prima opera “seria” dopo il serio ludere della Philodoxeos

Sapientia sine virtute nihil est.

Questo è il messaggio che ci ha lasciato Alberti con la sua prima opera “seria” dopo il serio ludere della Philodoxeos fabula. Mariangela Regoliosi ha affrontato l’arduo compito di un’edizione critica che diventi di riferimento chiarendone, in primis, la datazione – scritto a Firenze nel 1428-29, pubblicato, qui o a Roma, tra fine 1431-inizi 1432 – e ricostruendone lo stemma dei testimoni. L’opera, lo ha dimostrato l’autrice nell’ampio tomo II di commento al testo, è uno straordinario “mosaico” di tessere prelevate nella stragrande maggioranza dei casi dall’amato Cicerone e da Quintiliano. Ma, come Alberti spiega in una famosa pagina dei Profugiorum ab ærumna, se le tessere sono prese dagli antichi, il disegno finale è del tutto nuovo, «da niuno de‘ buoni antiqui prima attint[o]». Le citazioni stesse sono “rimontate”, spesso, in modo da far dire loro il contrario di quello che era il senso originale. In ciò sta la grande libertà mentale dell’Alberti rispetto a tanti epigoni dei veteres. Secondo la curatrice, il De commodis deve essere letto «non (solo) come un dotto (ed erudito) elogio dell’intellettuale, ma come un intervento di critica militante, forse la più forte, certo la più organica che l’Alberti abbia scritto». Un insegnamento, questo, che può valere anche per chi si dedica, come Alberti farà anni più tardi, all’arte meno individuale e più pubblica di tutte, l’architettura. Alberti, che nel De commodis rischia di auto-rinchiudersi nel piccolo carcere dello studioso, col passare degli anni ha visto nell’ars architectonica il modo per uscire da quella torre eburnea. Accettando di impegnarsi nel sociale, progettando palazzi e chiese, ma sempre fedele al motto secondo cui Sapientia – anche architettonica – sine virtute, nihil est.
Data recensione: 01/04/2022
Testata Giornalistica: Casabella
Autore: Alberto Giorgio Cassani