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Storia e mistero, filosofia e scienza, arti manifeste e arti arcane: una mescolanza tanto affascinante quanto esplosiva, che può diventare un raffinato elisir o un

Un’antica iscrizione sul pavimento di marmo della basilica di San Miniato racchiude un segreto
Ce lo racconta in un bel romanzo Renzo Manetti
Storia e mistero, filosofia e scienza, arti manifeste e arti arcane: una mescolanza tanto affascinante quanto esplosiva, che può diventare un raffinato elisir o un intruglio indigesto. Eppure, oggi più che mai, sembra che un libro non possa aver successo se non evoca il Graal, non arrostisce un negromante o non evoca atmosfere in teoria suggestive, in pratica inquinate da sensazionalismo di bassa lega, soprattutto se c’è da rinforzare le varie leggende nere su nequizie e misfatti di Santa Romana Chiesa: invece che sposa di Cristo, c’è più gusto a rappresentarla concubina di satanasso. La vera santità, chissà perché, sta sempre da qualche altra parte; questo vale anche per tanti romanzi blasonati che vendono tonnellate di copie, pur senza contenere un grammo di decenza. Il segreto di San Miniato, opera prima in campo narrativo dell’architetto fiorentino Renzo Manetti, già noto come saggista (Le Madonne del Parto: icone templari e Beatrice e Monnalisa), mette in scena le peripezie di un giovane ebreo, Joseph, nel periodo che va tra la seconda metà del XII e i primi anni del XIII secolo. Un periodo “caldo”, denso di eventi e di colpi di scena: il Barbarossa che tenta di imporre a lancia e spada l’egemonia imperiale in Italia, la riconquista di Gerusalemme in mano musulmana, templari, cavalieri, ricerca di sapienze arcane simboleggiate dal Graal e da altri misteri: non per nulla, re Artù e compagnia (rotonda) cominciavano già a spopolare anche in quei tempi lontani.
Lettore, in guardia? Niente affatto. Anzi, si metta anche lui alla “cerca” non del Graal, ma di questo romanzo che sta alla pletora di opere di questo genere come i Promessi Sposi stanno al romanzo storico italiano di inizio ottocento. Non sembri un’esagerazione: se alcune tesi del Manetti saggista possono destare qualche perplessità, in questo romanzo l’arcitetto fiorentino realizza un piccolo miracolo… alchemico. Anzitutto, per la grande maestria con cui maneggia una materia alquanto complessa e spinosa. Contrariamente a certi “nuovi profeti” che pretendono di riscrivere la storia e il mondo con un romanzo, Manetti vuole invece scriverla, anzi raccontarla; ma la cosa più straordinaria di quest’opera è come l’autore sia riuscito a calare la vicenda del protagonista in uno sfondo storico e sapienziale ricchissimo, senza fare sfoggio di pedanteria erudita, né avere la pretesa di ergersi a giudice di buoni e cattivi. Manetti vuole ricordarci che orrori e splendori, grandezze e miserie sono costanti di tutte le epoche: anche il Medioevo, periodo straordinario sotto alcuni aspetti, crudele sotto altri (ma quale epoca non lo è stata?), fu depositario di una cultura e di una tradizione artistica di cui noi, oggi, riusciamo a cogliere in modo imperfetto solo una parte. E grazie a una scrittura elegante, incisiva, che modella personaggi indimenticabili come il protagonista Joseph, la sua donna (anzi, la sua “metà”) Miriam, contornati da tutta una serie di figure indimenticabili, alcune storiche, altre di fantasia, il libro scorre veloce e seducente, che evochi una disputa filosofica o alchemica, l’incanto di una notte d’amore o il cozzare di spade della battaglia di Hattin. Manetti non divide il Medioevo in “buoni” e “cattivi”; figure positive e negative si trovano in tutti i campi, a ricordarci che è la natura umana ad essere, a seconda delle persone, angelica o diabolica. Sarebbe fare un grave torto al lettore dire qualcosa della trama di questo romanzo, che finalmente ci regala qualcosa di veramente bello in un campo che sembrava sin troppo dissodato. Possiamo solo ricordare che, in una sorta di anello circolare, parte e si conclude dalla Basilica di San Miniato a Firenze, dopo vari itinerari attraverso l’Europa e “Oltremare”, in quelle terre in cui la santità sembra sempre sposarsi con il martirio. A San Miniato, si trova ancora oggi una scritta misteriosa del 1207 che viene variamente interpretata. Il romanzo vuole essere la chiave di questa scritta, che apre non solo un grande segreto alchemico, ma anche e soprattutto l’evoluzione spirituale di una vita: il protagonista Joseph, appunto, a cui nulla viene risparmiato perché tutto sia rivelato.
Avventura, mistero, magia e amore: ma finalmente nelle giuste dosi e proporzioni, con una eleganza che bandisce ogni volgarità o faciloneria. Per essere un’opera prima, è un risultato straordinario, che rivela una capacità evocativa e di scrittura di grande maturità. Si direbbe che l’autore abbia maturato per lunghi anni questo suo lavoro, e solo dopo un cammino e una ricerca interiore abbia deciso di darlo alla luce. Se Manetti in persona abbia o meno trovato la pietra filosofale, difficile dirlo, e comunque non lo rivelerebbe: di certo però ha trovato la strada per un capolavoro. E speriamo che il pubblico se ne accorga, senza bisogno di… codici particolari.
Data recensione: 23/12/2006
Testata Giornalistica: Il Giornale della Toscana
Autore: Domenico del Nero