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L’«Antologia Vieusseux» nacque a Firenze quarant’anni fa, ad opera di Alessandro Bonsanti, in una stanza al piano terra di

LE NOSTRE STORIE / L’Antologia Vieusseux
Quarant’anni fa il primo numero della rivista L’«Antologia Vieusseux» nacque a Firenze quarant’anni fa, ad opera di Alessandro Bonsanti, in una stanza al piano terra di Palazzo Strozzi. Il suo primo numero è datato gennaio-marzo 1966, ma la rivista era stata pensata da tempo in una fervida direzione d’istituto diventata all’occasione ache redazione. Bonsanti, direttore dopo Tecchi e Montale dello storico gabinetto scientifico-letterario e ora del nuovo periodico, già vantava al suo attivo una protratta e sicura appartenenza al Novecento intellettuale: una presenza di scrittore e animatore di riviste, frequentatore di letterati ed artisti, salotti e caffè, suscitatore discreto ma singolarmente attento di cultura. E c’erano precedenti e scendenze specifiche pure per la debuttante «Antologia Vieusseux»: una creatura di carta che nella sua umile veste di tipo informativo poteva riagganciarsi anch’essa ad un proprio passato, ad una tradizione, e cioè alle sue antiche, prestigiose origini di primo Ottocento facenti capo al ginevrino Vieusseux e alla sua celebre «Antologia».La voce di una città in un quadro di cultura nazionale Un recupero di radici in vista del futuro, un mandato di tipo interdisciplinare da riattivari in vari contesti. L’editoriale di apertura è su questo punto esplicito: «Fin dall’immediato dopoguerra – scriveva Bonsanti – fu evidente che il Gabinetto G. P. Vieusseux doveva modificare l’indirizzo predominante dell’ultimo cinquantennio inteso quasi esclusivamente alla gestione della Biblioteca, per tornare ad essere un Istituto dagli interessi culturali ampi, dinamici, attuali; come gl ifa obbligo lo Statuto che ne regaola la vita. E fu anche chiaro che fra le iniziative da prendersi, la pubblicazione di un organo periodico, dove alcune ragioni di tipo ricorrente fra quelle che avevano spinto Gian Pietro Vieusseux a farsi editore dell’Antologia sarebbero apparse di nuovo valide, doveva avere la precedenza».
La speranza è quella di ridiventare interprete di un istituto e di una città in un quadro di cultura nazionale. «Per fornire poi ai primi lettori un’idea più esatta degli intenti che, a tal riguardo, distingueranno l’opera – continua l’Avvertimento, bonsantinao anche nella sua lubrificata sintassi di fiati lunghi –, par non si possa meglio manifestarli se non riportando un proposito che si legge nel Proemio all’Antologia, fascicolo N. 1 del gennaio 1821: ’intendiamo di preferir quelli scritti che trattano le scienze in un modo più generale, per indicare agli uomini che vorranno ravvicinarle e paragonarle fra loro in che consistano i progressi reali dello spirito umano in tutte le sfere del suo dominio’».
Ecco così, nella Scheda del primo numero, un’intervista ad Alberto Bertolino su economia e lavoro di Piero Barucci; il Florilegio epistolare dedicato ai rapporti a suo tempo intercorsi tra la Cassa di Risparmio di Firenze e la prima «Antologia»; i Ragguagli critici divisi per materia, con Economia ancora a cura di barucci, Scienze a cura di Edoardo Boncinelli, Storia (Giovanni Cherubini), Lettere (vanni Bramanti), Arti (Giorgio Bonsanti); e le Letture dell’«AV», infine con un’aggiornata selezione di novità librarie valutate di rilievo, italiane e straniere.
Ma un’altra contemporaneità stava per mettere a dura prova la vita del Gabinetto e quella della neonata rivista.Memorabile il mini-album sugli orrori provocati dall’alluvione Ad aprire il quarto ed ultimo fascicolo del 1966 non è più il calendario delle manifestazione o la promozione del Gian Pietro Vieusseux di Sestan, ma un mini-album degli orrori dell’alluvione: fotografie in cui, tuttavia, già si vedono uomini (tra essi il giovane Piero Gelli) intenti a recuperare in infernali gallerie di deposito o pazientemente seduti a un tavolo, a lume di candela di una modernità contraddetta, quei libri investiti di una furia devastante: libri da soccorrere, da pulire come si può, da slavare.
Alla segretaria Giuseppina Branzi discesa in uno degli ipogei di Palazzo Strozzi appena resi praticabili dopo il disastro, la voce di Bonsanti raccomanda, dall’alto di una scala che ha resistito a onde di acqua e nafta: «Signora Branzi, respiri poco». ma anche in circostanze così infauste il Viusseux e l’«Antologia» seppero rinascere, guardare al futuro: risorse dello «spirito umano».
Data recensione: 17/09/2006
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Marco Marchi