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«“Il calesse di mio nonno andava più veloce” scherzosamente mi fustigò. Aveva da poco lasciato il ministero

“Storico, giornalista, bibliofilo. La sua onestà era proverbiale”

«“Il calesse di mio nonno andava più veloce” scherzosamente mi fustigò. Aveva da poco lasciato il ministero per i Beni culturali. Non guidava. Abbisognava di un autista. E così mi convinse, anzi, mi impose, di prendere la patente. Come gli si poteva dire di no?».
Se ne andava un quarto di secolo fa, Giovanni Spadolini, il 4 agosto. Riposa alle Porte Sante, il primo presidente del Consiglio non democristiano nell’Italia repubblicana, la sua tomba solcata da un marmoreo foglio di giornale, lui Direttore per antonomasia, dal Carlino al Corriere, nonché «firma» principe de La Stampa.
A custodire la memoria del Presidente, un suo allievo, Cosimo Ceccuti, 75 anni, laurea al «Cesare Alfieri» nel 1969, già docente universitario, in particolare coltivando la storia del giornalismo e la storia del Risorgimento. «Un professore, Spadolini, di egregia statura. Tanto colto quanto umano. Mai umiliò gli studenti. A chi gli si presentava impreparato offriva una delicata via d’uscita: “Lei è bianco in volto, non sta bene, ritorni...”».
C’era una volta una certa idea dell’Italia...Dove ritrovarla se non risalendo le stradine che con garbo borghese conducono a Pian dei Giullari? Al numero 139 si distende un’oasi di pensiero e azione. È la «casa dei libri» di Giovanni Spadolini, il segretario fiorentino, come lo salutò, vellicandone l’orgoglio, Indro Montanelli quando assunse la guida del Pri.
Del depositum spadoliniano, Ceccuti è il custode, secondo le volontà testamentarie del Maestro: segretario generale a vita, timoniere della Fondazione «Spadolini-Nuova Antologia », direttore della rivista omonima. Appena uscito è il suo libro Giovanni Spadolini. Quasi una biografia (Edizioni Polistampa, introduzione di Gabriele Paolini), che viene presentato oggi. È, lo chauffeur Cosimo Ceccuti, l’«evoluzione» del calesse su cui la famiglia Spadolini raggiungeva per la villeggiatura Pian dei Giullari Non lontane la villa dove Guicciardini scrisse la Storia d’Italia e la casa di Galileo.
Cosimo Ceccuti siede al fratino dov’era solito lavorare Spadolini, nella stanza, a signoreggiare, la pittura di Soffici. «Al Pian dei Giullari il Presidente trascorreva una giornata, compatibilmente con gli impegni istituzionali. Respirando – era solito dire – l’aria pura dei libri. Carducci, la collezione completa della Nuova Antologia e di Civiltà Cattolica e dell’Encyclopedie, Maestri e compagni, a svettare Gobetti, l’intero catalogo dell’editore ideale, 114 titoli. Una ricerca che ci fece impazzire ».
Venticinque anni fa, di questi giorni, in fase avanzata la malattia che si sarebbe rivelata letale, Spadolini pativa la mancata rielezione a Presidente del Senato. «Ma non fu per lui una prova così ardua – puntualizza Cosimo Ceccuti –. Sicuramente non paragonabile alla giubilazione dal Corriere. Con Giulia Maria Crespi (e la sua corte) che quotidianamente lo osteggiava».
Quel 1994, l’ascesa irresistibile e imprevista di Berlusconi: «Spadolini gli consigliò di non varare Forza Italia, semmai di farsi eleggere come senatore nelle file democristiane, dallo scranno di Palazzo Madama conciliando interessi privati e pubblici. Ma Berlusconi lo invitò a riflettere: “La Dc è non da ora sfasciata, non te ne sei accorto?”».
Una lunga fedeltà a Spadolini, Ceccuti, fino al passo d’addio, a Roma. «Tra coloro che ebbe accanto, il cardinal Silvestrini. Ricevette, speciale conforto, una telefonata di Giovanni Paolo II. La intese, ma non riuscì a interloquire».
Spadolini credente? «Anche lui credeva, a modo suo, a Dio, a quel Dio che “a tutti è Giove” come diceva Torquato Tasso». Scoprendosi in sintonia con il cardinal Martini, secondo cui la distinzione non è fra credenti e non credenti, ma fra pensanti e non pensanti.
Fra le fotografie del mondo di ieri, quale non tramonta nella «casa dei libri», una ritrae Martini e Spadolini. Martini, sulla cattedra ambrosiana, tra i successori di Montini: «Un Papa – rivela Ceccuti – a cui non andavano le simpatie del Presidente. Era Wojtyla il suo Pontefice. Ideò un ’opera in due copie, una donata a Giovanni Paolo II: vi raccolse gli scritti di Tommaseo e di Viesseux sulla Nuova Antologia, dove si affermano – 1830 – i diritti della Polonia come nazione».
Cattolici e laici, un tema sommo del Professore di Storia contemporanea. Nella consapevolezza che solo un «Tevere più largo» avrebbe potuto dare un tono alla nostra storia. Di svolta in svolta, sino al governo Moro-La Malfa. «Il rapimento dello statista prostrò Spadolini – rammenta Ceccuti –. Il loro era un rapporto al diapason. Non a caso, nelle lettere ai familiari dalla prigionia, Moro nominò Spadolini suo esecutore testamentario per la parte culturale».
Campeggiano, nelle sale di Pian dei Giullari, le immagini della madre di Spadolini, al figlio supremamente legata, un rapporto che la prematura morte di Guido, il padre di Giovanni, pittore di vibrazioni macchiaiole, sensibilmente improntò. I suoi quadri, nella camera da letto del figlio, sono la stazione domestica di una pinacoteca privata che accoglie, oltre a Soffici, Rosai, Morandi, un raro pastello di Montale...
Da Direttore a Direttore. Da toscano a toscano. L’ecumenico Spadolini, il «maledetto» Montanelli. «Indro non era avaro di lodi verso il Professore. Da quando, letto Il Papato socialista, esclamò: “Giù il cappello, è nato uno storico”. Ma non lo graziava mai. Quando, per esempio, a elogiare Giovanni era Scalfari, Montanelli si esercitava nell’arte della punzecchiatura. E comunque, a proposito di elogi, il maggiore è questo: “Al passaggio di Spadolini si avverte, inconfondibile, un odore di pulito, lo stesso irradiato dalle lenzuola lavate con il sapone di Marsiglia”».
L’onestà di Spadolini...«Era ministro della Difesa. Gli telefonò il Capo del Pentagono Weinberger. Gli Stati Uniti avevano deciso di armare i loro poliziotti con le Beretta, spodestando le Colt. Spadolini ricevette in dono una Beretta, regolarmente denunciata e qui custodita in cassaforte. No, a Pian dei Giullari non spira l’olezzo delle tangenti». 
Data recensione: 26/06/2019
Testata Giornalistica: La Stampa
Autore: Bruno Quaranta