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Dopo aver focalizzato in più occasioni alcuni singoli aspetti delle vicende che legano la figura di Alexandre Imbert a quella del magnate e grande collezionista John Pierpont Morgan

Dopo aver focalizzato in più occasioni alcuni singoli aspetti delle vicende che legano la figura di Alexandre Imbert a quella del magnate e grande collezionista John Pierpont Morgan, Lucio Riccetti ha dato alle stampe il compendio delle sue lunghe e fruttuose ricerche che per anni lo hanno impegnato nello studio del collezionismo di maioliche italiane, così fiorente fra la fine del XIX e i primi lustri del XX secolo in Europa e negli Stati Uniti.
Leggendo il corposo volume la narrazione corre fluida e avvincente grazie alle ricostruzioni di circostanze documentate in dettaglio tramite la corrispondenza inedita fra i vari protagonisti, a cui si intervallano anche brani di testi editi.
Il personaggio chiave è il finanziere americano, appassionato bibliofilo ma allo stesso tempo collezionista onnivoro che acquista singoli oggetti o le raccolte complete che periodicamente gli vengono proposte.
Una vignetta apparsa sulla rivista Puck del 21 giugno 1911 rende chiaramente esplicita questa smisurata attrazione verso le opere d’arte provenienti dal vecchio continente e dalle antiche civiltà fiorite nel bacino del Mediterraneo.
Morgan manteneva uno stretto legame con i mercanti d’arte più in vista a quel tempo e fra questi non potevano certo mancare Stefano Bardini ed Elia Volpi, per ricordare due fra i più noti dealers italiani.
Del Bardini piace ricordare la premura con la quale il “principe degli antiquari” si rivolge per scritto al suo assistente preannunciando una visita di Morgan, un cliente che ovviamente era tenuto in grande considerazione; trovandosi in quel tempo a Parigi per affari (maggio 1907), Bardini prega Nello Nelli, suo uomo di fiducia, di farsi trovare pronto a ricevere il ricco finanziere e di non allontanarsi per nessun motivo dal negozio, neppure per andare a pranzo.
Morgan aveva rapporti pure con Elia Volpi e già prima della grande asta del 1910 dall’antiquario tifernate aveva acquistato delle importanti maioliche, adesso al Metropolitan Museum of Art di New York; nell’asta fiorentina che segue l’apertura del museo privato di Elia Volpi a Palazzo Davanzati (24 aprile 1910), il magnate americano si aggiudica altri manufatti ceramici, fra cui un’insolita bottiglia antropomorfa non poco criticata dai conoscitori del tempo.
Di Alexandre Imbert prima delle ricerche di Lucio Riccetti si disponeva solo di notizie sporadiche; con questo volume, che completa le molte indicazioni presentate in occasione delle mostre del 2009-2010, si può delineare più in dettaglio l’attività del mercante di origini partenopee che dal 1897 conduceva l’omonima galleria d’arte a Roma, in via dei Condotti.
La collezione di maioliche di Imbert viene proposta nel 1906 al Metropolitan Museum di New York per una vendita in blocco ma il museo rifiuta l’offerta e le centinaia di ceramiche vengono così immesse sul mercato antiquario; nell’occasione però la raccolta riunita da Imbert attira l’attenzione di due noti collezionisti come Valentine Everit Macy e, appunto, John Pierpont Morgan, all’epoca presidente del museo americano.
Al contempo la considerazione di cui gode Imbert, quale conoscitore di maioliche antiche, viene certificata da illustri studiosi come Ludwig Pollack e Wilhelm von Bode e così, grazie anche ai frequenti acquisti effettuati dal collezionista americano (documentati da una corposa corrispondenza con il mercante fra 1907 e 1912), Morgan affida a Imbert il compito di redigere il catalogo della propria collezione di maioliche.
Nel volume di riccetti si susseguono le serrate informative intercorse fra Imbert, lo stampatore del catalogo (il parigino Émile Lévy) e il magnate americano, o meglio la sua segretaria, la bibliotecaria Belle da Costa Greene.
Dal volume traspare chiaramente che sarà proprio la forte influenza della valente collaboratrice di Morgan a vanificare il catalogo delle maioliche, iniziando col contestare la qualità delle tavole preparate per la pubblicazione e concludendo nel giudicare buona parte delle ceramiche vendute dall’antiquario come falsificazioni moderne.
La morte di Morgan, avvenuta a Roma nel 1913, porrà fine al progetto tenacemente portato avanti da Imbert.
Queste poche righe accennano soltanto alle molte vicende narrate, mentre la meticolosa indagine condotta da Riccetti è frutto della serietà del lavoro che sta alla base della ricerca.
È interessante notare che nonostante i recenti studi e la documentazione rinvenuta resta problematico ancora oggi, come ammette lo stesso autore, delineare distintamente la consistenza delle raccolte di maioliche sia del collezionista Morgan, sia dell’antiquario Imbert (quest’ultima ovviamente soggetta a continui ingressi e uscite dovute all’attività del mercante).
Di grande utilità per la ricostruzione delle vicende collezionistiche di numerose maioliche sono le molte tavole che accompagnano il volume, per la gran parte inedite, dove si possono riconoscere esemplari apparsi a più riprese sul mercato antiquario e transitati in altre prestigiose raccolte o confluiti in istituzioni museali italiane e straniere.
Alcune tavole sono già state presentate dall’autore in studi precedenti ma in questa occasione la completezza dell’apparato iconografico, rintracciato in collezioni private e musei americani, assume per gli studiosi un particolare valore documentario.
La prima appendice (A) illustra le 61 tavole a colori già realizzate fra 1911 e 1913, durante la preparazione del catalogo della collezione Morgan, poi depositate alla Morgan Library di New York.
L’appendice B (il c.d. “Portfolio Macy”) mostra 101 foto con 361 pezzi fra ceramiche, robbiane, terrecotte e sculture appartenute a Imbert, da riferire probabilmente alla raccolta offerta in vendita dall’antiquario al Metropolitan Museum.
L’appendice C è la riproduzione del catalogo approntato per la mostra realizzata da Imbert a Parigi nel 1911, presso il Pavillon de Marsan dell’Union Centrale des Arts Décoratifs; in quella sede vennero esposte ben 525 opere della più numerosa raccolta Imbert e nell’occasione furono realizzate 18 foto dell’allestimento in mostra, una (o più) per ciascuna vetrina.
Nell’ultima appendice (D) è condensato il censimento della maioliche Imbert nel quale confluiscono le informazioni ad oggi disponibili (passaggi di proprietà, collocazione attuale, etc.).
Data recensione: 01/07/2017
Testata Giornalistica: Faenza
Autore: Marino Marini