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Di fronte all’arte, spesso reagiamo d’istinto. Non conosciamo l’autore, il tema, la tecnica di un’opera, ma sappiamo se ci piace o no. Dev’essere per questo che la mostra

Di fronte all’arte, spesso reagiamo d’istinto. Non conosciamo l’autore, il tema, la tecnica di un’opera, ma sappiamo se ci piace o no. Dev’essere per questo che la mostra itinerante «L’arte risveglia l’anima», riservata alle creazioni dei giovani autistici, ci comunica qualcosa di speciale, in grado di attingere a sentimenti profondi. Infatti rovescia il nostro punto di vista abituale: il dipinto davanti ai nostri occhi ci spalanca prospettive differenti sul mondo. Come nella favola di Alice, un certo che di ignoto ci attira oltre lo specchio.
L’universo degli artisti autistici è differente dal nostro; eppure non tanto da impedire di ritrovarvi qualcosa di noi stessi. Già i volti degli autori che ci osservano dalle pagine del catalogo, pubblicato da Polistampa, sembrano volerci ricordare una loro verità impellente; e lo fanno non con le parole, ma attraverso espressioni e gesti. Infatti il disturbo autistico si caratterizza proprio per la difficoltà, o impossibilità, di comunicare con il resto del mondo nei due sensi, di arrivo e partenza; tutto avviene, per chi lo vive, al di là di un diaframma invisibile.
Sono decine i giovani artisti, colpiti da autismo, che varie associazioni — fra cui quella internazionale degli Amici dell’Ermitage di San Pietroburgo — hanno riunito in una mostra, unica nel suo genere. Dopo essere stata ospitata a Firenze, Roma e Brescia, si trasferirà nei prossimi mesi a Milano, quindi completerà il suo percorso ad Amsterdam e Mosca. Italiani e russi, principalmente, i protagonisti; giovani tra loro così diversi da farci comprendere come la loro malattia non sia a una sola dimensione, ma variegata quanto i colori nello spettro dell’iride.
Si va da forme semplificate, naif, di grande impatto visivo, ad acquerelli leggiadri e delicati, ricchi di sfumature, come quelli di Aurora Sabellotti. Ci si imbatte a volte nella ostinata ripetizione dello stesso soggetto attraverso innumerevoli variazioni: è il caso di Daniele Bertanzetti, con le sue automobili che si intrecciano in composizioni inestricabili disegnate a biro blu, fino a riempire l’ultimo centimetro del foglio. Oppure nelle “famiglie” di Riccardo Rossi, tracciate a pennarello, figure essenziali e colorate con tratti rapidi e vorticosi. Le tavole di Filippo Zoi, ispirate alla grande letteratura e alla cinematografia, hanno una forma assai simile al fumetto, mentre le composizioni di Francesca Lussignoli rievocano piuttosto i graffiti e la street art.
Ed è significativo che le personalità di tutti gli artisti emergano con forza attraverso il segno forte, le immagini concrete e definite, i colori squillanti e solari. La gestualità concitata di Francesco Saverio Perra crea rappresentazioni atmosferiche e movimentate, molto intense, mentre le figure fluttuanti di Valentina Negro raccontano il suo mondo fiabesco quanto preciso nei dettagli. E anche quando il mezzo impiegato è differente, come la ceramica, o la grafica dei russi Alfer’ev, Gavričkov e Smirnov, ne ricaviamo l’impressione di accedere in punta di piedi a laboratori dell’immaginazione pura, non gravata dal senso comune e dallo sguardo abitudinario.
E l’anima? Quella, per quanto impalpabile, è sempre in attesa d’essere risvegliata. L’arte, smentendo tutte le teorie “demistificatorie”, soggettiviste o racchiuse nell’autosufficienza, mostra la sua potenza dirompente quando sa ridestare gli spiriti solitari e abbandonati.
Data recensione: 29/12/2017
Testata Giornalistica: L’Osservatore Romano
Autore: Dario Fertilio