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È il 1572, il Bronzino muore e l’arte accusa il colpo: la perdita di un artista di rilievo, con una forte personalità e una raffinatezza formale indimenticabili. Quale eredità

È il 1572, il Bronzino muore e l’arte accusa il colpo: la perdita di un artista di rilievo, con una forte personalità e una raffinatezza formale indimenticabili. Quale eredità lascia nella Firenze di quel periodo? È con questa domanda che si apre l’interessante saggio di Sandro Bellesi, “Pittura e scultura a Firenze (Secoli XV-XIX)” edito da Polistampa. Il volume inizia infatti affrontando il tema del Barocco, uno dei momenti artistici più intensi e paradossalmente spesso lasciato in penombra a causa o per colpa della grandiosità del Rinascimento che nel capoluogo toscano, come ben sappiamo, trovò il suo centro di irradiazione.
E così Alessandro Allori, Antonio Tempesta, Santi di Tito, Donato Mascagni, Jacopo da Empoli e molti altri nomi prendono vita in queste pagine e riacquisiscono la propria posizione giustamente preminente all’interno del panorama artistico toscano e cinque-secentesco, tra immagini a colori, di grandi dimensioni che consentono una visualizzazione non sforzata e un apprezzamento pieno del valore e del talento di questi artisti. È in effetti nel periodo a cavallo tra la fine del Cinquecento e il Settecento che si articola questo saggio bipartito tra Pittura (prima sezione) e Scultura (seconda sezione), fino ad arrivare a comprendere le tendenze artistiche del primo Ottocento. Sandro Bellesi, col suo stile elegante e chiaro, ci conduce attraverso le vie di Firenze di quei tempi, divenendo il nostro cicerone e dando luce e rilievo a pagine di Storia dell’Arte sepolte nella nostra memoria, dai tempi del liceo. E così, ad esempio, scorrendo le pagine, scopriamo che «sebbene la ritrattistica pittorica a Firenze sia legata nella prima metà del Seicento soprattutto alla figura prevaricante del fiammingo Giusto Suttermans e a quelle meno note di Tiberio Titi e dei fratelli Domenico e Valore Casini, questa fu appannaggio anche di artisti, o meglio pittori, dediti solitamente a dipinti sacri, storici e mitologici. Insieme alle personalità di Jacopo da Empoli e Carlo Dolci, autori di alcuni degli esempi più intensi e rappresentativi della ritrattistica privata fiorentina non vincolata alle ferree regole dell’ufficialità, si affiancarono nomi di artisti noti e meno noti ai quali è possibile riferire opere di qualità pregevole o in ogni caso apprezzabile» (p. 55).
Un’opera necessaria, si direbbe, e illuminante che permette di fare ordine e sistematizzare le nozioni atte a  comprendere il passaggio dal periodo mediceo a quello lorenese, ossia dalla Signoria al Granducato, o ancora dai corpi allungati e sinuosi del Manierismo, ultima ed estremizzata espressione delle istanze rinascimentali, alla molle sensualità barocca, alla ritrattistica delle dinastie nobiliari, alle composizioni di fiori, piante, frutti e animali tardobarocche, a Giovan Camillo Sagrestani e alla sua scuola per arrivare al periodo lorenese.
Data recensione: 21/12/2017
Testata Giornalistica: Toscanalibri
Autore: Serena Bedini