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«Pezzi di legno e di pane (assi) confitti insieme, e fasciati poi di fieno e di stoppa, e con funi

«Pezzi di legno e di pane (assi) confitti insieme, e fasciati poi di fieno e di stoppa, e con funi legato ogni cosa strettamente insieme, e sopra messo terra mescolata con cimatura di panno lino, pasta e colla (…) riescono nondimeno leggieri e, coperte di bianco, simili al marmo». Era questa la procedura per la costruzione delle figure effimere di terra, così come descritto da Giorgio Vasari nella Vita di Jacopo della Quercia, modelli ad uso degli artisti, costruiti in terra, argilla e altri materiali e destinati per loro natura ad essere distrutti. Ma non sempre. L’eccezionale fama del suo autore ha permesso che un’opera così fragile come questa sia sopravissuta fino ai nostri giorni e abbia ancora in serbo molto da raccontare. Parliamo del modello in terra cruda del «Dio Fluviale» di Michelangelo Buonarroti, datato 1526/1527 di proprietà dell’Accademia delle Arti del Disegno, che grazie a un importante restauro realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure con il mecenatismo della Fondazione Friends of Florence torna visibile al pubblico nella Sala al primo piano di Casa Buonarroti insieme al modello ligneo per la facciata della Chiesa di San Lorenzo, 1518 circa, due opere collegate alla fabbrica di San Lorenzo e mai realizzati, in attesa dell’esposizione a Palazzo Strozzi, dal 21 settembre in poi, per la mostra dedicata al Cinquecento a Firenze e ai suoi protagonisti. 
Data recensione: 16/07/2017
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Sebastiana Gangemi