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“Il senso di responsabilità e di colpa investe ciascuno di noi, di generazione in generazione, da cento anni a questa parte determinato dalla “comoda” dimenticanza

“Il senso di responsabilità e di colpa investe ciascuno di noi, di generazione in generazione, da cento anni a questa parte determinato dalla “comoda” dimenticanza dei tanti giovani e meno giovani che hanno sacrificato la vita in trincea o in sanguinosi attacchi e contrattacchi al fronte nei quattro anni del primo conflitto mondiale”. Cosimo Ceccuti, docente all’Università di Firenze e ricercatore storico, nella sua prefazione alla pubblicazione, sottolinea in questo modo il reale significato che riveste non solo il libro cui si riferisce, ovvero “Il soldato del Lemerle - Un mistero lungo un secolo” (Edizioni Polistampa), ma tutta la vicenda che viene narrata, documentata e finanche romanzata in queste pagine. Fin dall’inizio l’intento degli autori del volume, Alessandro Gualtieri e Giovanni Dalle Fusine, direttamente coinvolti nei fatti raccontati, è stato quello di fare in modo che quei soldati potessero passare da dispersi a caduti, da cadaveri abbandonati a eroi celebrati. Tutto parte dal ritrovo casuale dei resti di due militi sul monte Lemerle di Cesuna. Nell’autunno del 2015, durante le riprese per un documentario commissionato da History Channel, sulla selletta che precede la vetta, mentre si voleva far vedere il lavoro svolto dai recuperanti, succede che, scavando, si ritrova non solo un elmetto Adrian ma anche i resti del soldato che lo indossava. Con la, doverosa per legge, segnalazione ai Carabinieri, inizia un lungo iter burocratico nella volontà di riuscire a dare un nome a questo soldato con una riesumazione scientifica dei resti. Giovanni Dalle Fusine è colui che, prestando la sua esperienza di storico ricercatore al programma di History Channel, insieme al conduttore John Dickie ha fatto, per caso, la macabra scoperta. Alessandro Gualtieri è invece il finanziatore della riesumazione scientifica, identificazione e successiva tumulazione dei resti che poi si sono rivelati essere non di uno ma di due militi. Insieme, Gualtieri e Dalle Fusine, si sono adoperati per fare in modo che tutto non cadesse, ancora una volta, nel dimenticatoio. “Tutto ciò che è stato fatto in merito al ritrovamento dei soldati in oggetto – sottolineano gli autori – è stato fatto seguendo il cuore, la passione e, in tutta sincerità, un istinto animatosi di moto proprio, ben lungi da una eventuale, ma improbabile considerazione egoistica. Del resto siamo ben consci che la modesta opera di conservazione storica e relativa pubblicazione delle proprie ricerche è a tutt’oggi relegata a una mercato di nicchia… Il grande pubblico, ne siamo sicuri, non ci sta leggendo in questo momento, ciò non importa: la memoria è una mappa criptata, il sui codice d’accesso è la reale volontà di ricordare”. Il libro si compone di due parti. Nella prima viene ricostruita la complessa operazione di recupero archeologico dei resti mortali e il suo esito, anche con alcuni stralci dell’analisi scientifica. La seconda, che si può definire di immaginazione, in una “Cronaca di una morte reale, immaginata”, cerca di ricostruire i fatti reali accaduti cento anni fa in quell’angolo di Altopiano in cui sono state sacrificate migliaia di giovani vite.
Data recensione: 01/07/2017
Testata Giornalistica: L’Altopiano
Autore: Stefania Longhini