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Il libro ruota attorno alle scelte di politica economica internazionale effettuate dall’amministrazione statunitense durante la presidenza di Nixon e, in particolare, all’abolizione avvenuta il 15 agosto 1971 della convertibilità del dollaro in oro che segnò la fine del gold exange standard, il regime monetario stabilito dagli accordi di Bretton Woods, dove erano stati creati anche il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. L’ottica di Basosi è quella di dare il massimo risalto al complesso intreccio delle relazioni internazionali, con una ricerca fondata su una ricca documentazione d’archivio, spesso inedita, come le carte mai esaminate prima del Ministero del Tesoro USA nel periodo 1969-73. Egli si sofferma sulla genesi del provvedimento e mette in evidenza come la decisione assunta da Nixon e sostenuta con fermezza dai suoi collaboratori, non fu una scelta estemporanea, ma il punto di arrivo di "una strategia pensata per restituire agli Stati Uniti, in ogni campo, la capacità di guidare il sistema occidentale, dominandolo e condizionandolo". Oltre alla necessità di restituire fiducia agli americani dopo la guerra del Vietnam, emergeva infatti la Comunità economica europea, in fase di rafforzamento con il progetto di un’Unione monetaria e con la prevista adesione della Gran Bretagna. La competizione interna al blocco occidentale viene solitamente sottovalutata, ma Basosi mostra come la crescita dell’Europa, non ancora colpita dalla crisi energetica del ’73 preoccupasse seriamente gli americani. Le decisioni dell’agosto 1971 non costituiscono pertanto la presa d’atto dell’incapacità da parte degli Stati Uniti di mantenere l’egemonia formale in Occidente, bensì una scelta politica, economica e finanziaria globale, una scelta forte verso i paesi appartenenti al mondo dell’economia di mercato, nel momento in cui essi iniziavano la distensione verso l’Unione Sovietica e l’apertura nei confronti della Cina.
Basosi non si limita ad esaminare gli effetti immediati di quel provvedimento: la nuova politica economica americana causò non poco sconcerto in tutto il mondo, ma costrinse l’Europa a "trovare un accomodamento" che, pur riconoscendo di fatto una modesta svalutazione del dollaro, non toglieva ad esso, nonostante la crisi politica interna degli USA, "il carattere di segno monetario dominante il mercato internazionale". Finché la moneta americana era ancorata all’oro e alle altre valute, gli USA dovevano operare per rispettare quella parità: libere, invece, da quelle briglie, potevano finanziare all’estero tutte le operazioni che volevano, rafforzando così il loro predominio nell’economia del pianeta e il loro ruolo politico di primissimo piano. Da parte loro, i Paesi europei, fortemente irritati, con sempre maggiore determinazione si indirizzeranno verso la creazione di una valuta comune e soprattutto di un forte blocco monetario, mentre gli USA si impegneranno sistematicamente a far naufragare i loro tentativi per una sufficiente stabilità, riuscendo, non a caso, a far fallire il cosidetto "Serpentone".
Data recensione: 01/02/2007
Testata Giornalistica: Società Italiana degli Storici dell’Economia
Autore: Daniela Manetti