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Nel vasto panorama della letteratura italiana del XX secolo si riflette il divario tra Settentrione e Mezzogiorno, che dal punto di vista economico oppone ad un Nord ricco

Edite le opere complete di Giuseppe Brancale, romanziere del Sud, marinaio e maestro tra la Basilicata, l’Atlantico e Firenze Nel vasto panorama della letteratura italiana del XX secolo si riflette il divario tra Settentrione e Mezzogiorno, che dal punto di vista economico oppone ad un Nord ricco, avanzato e industrializzato, promotore di progresso e innovazioni, un Sud povero, arretrato e cristallizzato nelle sue antiche tradizioni popolari. A livello istituzionale, pochi sono i personaggi di spicco provenienti dall’Italia meridionale e tra questi la gran parte vide i suoi natali in Sicilia (basti pensare a Vittorini e Sciascia). Volgendo lo sguardo alle altre regioni dell’estremo Sud della penisola, la situazione sembra poter essere emblematicamente riassunta dal capolavoro di Carlo Levi, il quale, confinato ad Aliano, racconta l’incontro con una realtà che sembra addirittura fuori dalla civiltà. Andando più a fondo però, non è difficile incontrare figure di scrittori nati e vissuti in queste zone, che amarono la propria terra come amarono lo studio e la cultura. È questo il caso dello scrittore lucano Giuseppe Brancale. Nato nel 1925 in una famiglia di artigiani a Sant’Arcangelo di Potenza, Giuseppe manifestò sin da giovanissimo la sua passione per il sapere. Ad appena sedici anni decise di arruolarsi in marina per autofinanziarsi gli studi, ma ben presto si trovò coinvolto nelle tragiche vicende della Seconda guerra mondiale, evento drammatico che lo segnò profondamente nella personalità e nella psiche. Imbarcato come radiotelegrafista a bordo di navi corazzate, durante i combattimenti si spostò tra i principali porti del Mediterraneo e dell’Atlantico. Al termine del conflitto, conseguito il diploma di Liceo scientifico, il giovane si trasferì a Firenze, dove, oltre a collaborare con la Camera del Lavoro e a tenere dei corsi in una scuola serale per operai, intraprese la carriera accademica presso la Facoltà di Ingegneria. A causa delle difficoltà economiche però, fu presto costretto a lasciare l’università per tornare a casa. Nel 1951 conseguì il diploma magistrale e così, facendo studiare a suo carico i giovani meno abbienti del paese, intraprese la carriera di insegnante. Fu proprio grazie alla sua attività che Brancale conobbe Gaetana Rossi, la donna che gli sarebbe stata accanto per tutta la vita. Nel 1954, fu celebrato il matrimonio tra i due giovani, unione dalla quale vennero al mondo tre figli. Nel 1973, non potendo garantire ai figli l’adempimento degli studi universitari in Basilicata, i coniugi Brancale optarono per il trasferimento della famiglia a Firenze. Durante il suo soggiorno nel capoluogo toscano, egli tenne una serie di lezioni per illustrare il problema della Questione meridionale nelle scuole. Seppure fisicamente lontano, dunque, il suo primo pensiero era sempre rivolto ai problemi che affliggevano la sua terra natia. Affetto da diversi disturbi di salute, la sua vita si spense nel 1979. Brancale insegnò nelle scuole di diversi paesi dell’entroterra lucano, con l’obiettivo principale di far partecipare attivamente gli alunni all’azione didattica. Questa intensa attività di promozione sociale, essendo egli vicino all’ideologia socialista, ed avendo assunto un ruolo di partecipante attivo nell’ambito delle lotte sociali, mise Brancale in contatto con personaggi di spicco come Rocco Scotellaro. Inoltre il suo amore per la scrittura, fu la ragione principale del sodalizio con Carlo Levi. Pur non essendo scrittore di professione, la produzione letteraria brancaliana segue l’intero arco della vita dell’autore, il quale iniziò giovanissimo componendo dei testi poetici, pubblicati in una raccolta nel 1954. Successivamente Brancale si dedicò alla stesura di opere in prosa, scrisse quattro romanzi, tutti ambientati nel paese di Sant’Arcangelo, nei quali il tema di fondo è la denuncia dei mali che affliggono tanto la regione natale, quanto il resto del Sud Italia, ma solo uno di questi ebbe fortuna immediata, Echi nella valle, giudicato da Carlo Levi (il quale ne realizzò anche il bozzetto di copertina) sintesi esemplare di antico e moderno, efficace spunto di riflessione capace di commuovere il lettore. Fu pubblicato a Cosenza nel 1974 e l’anno seguente vinse il Premio di Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’edizione integrale delle opere di Brancale, comprendente i suoi quattro romanzi: Il rinnegato (2007), Echi nella valle (2010), Fantasmi che tornano (2010), «Lettere a Michele» e altri racconti (2012), è stata pubblicata dalla casa editrice fiorentina Polistampa con la cura di Luca Nannipieri e del Centro Studi Umanistici dell’Abbazia di San Savino. I volumi sono ricchi di materiale inedito (appunti, commenti, stralci di lettere e fotografie), fondamentale per comprendere appieno la singolare figura dello scrittore, il quale, con la sua variegata erudizione, si dichiara «amico del libri», strumenti capaci di insegnare sempre qualcosa di nuovo a chiunque si accosti con interesse e passione al loro universo. L’ideologia, le abitudini, i pensieri e gli stati d’animo, emergono soprattutto dal carteggio privato di Brancale, preziosa miniera di informazioni custodita dalla famiglia. In questi importanti documenti egli racconta anche il suo rapporto con la scrittura, attività svolta soprattutto nelle ore notturne, capace di regalargli momenti di immensa soddisfazione. Nonostante le opposizioni incontrate dallo scrittore in ambito editoriale, la sua produzione letteraria ha un valore incontestabile; impegnandosi e lottando in prima persona, egli condivise e denunciò le difficoltà e l’arretratezza della sua terra, trascurata dalle Istituzioni, da sempre intente più a trarne profitti che a investire per garantirne il progresso. Tale questione è il tema di fondo sul quale si innestano le vicende dei protagonisti dei romanzi di Brancale, figure integre, umili, appartenenti in prevalenza alle classi meno abbienti della gerarchia sociale, sulle cui vite sembra riflettersi un destino invisibile che nega il compimento di qualsiasi epilogo positivo, come se la millenaria storia di abusi e degrado del Mezzogiorno italiano si rispecchiasse nell’esistenza stessa della sua popolazione. Con la sua scrupolosa attenzione per la ricostruzione storica, il suo tono discreto, il suo linguaggio formale e sorvegliato, il suo gusto classico ed elegante, focalizzandosi sui sentimenti e sui problemi della popolazione lucana, l’autore ha saputo ricondurre in modo rilevante e originale il tema locale (predominante in tutte le sue opere) nell’alveo della tradizione letteraria italiana del Novecento. La scoperta di questa figura testimonia la vitalità dell’Italia meridionale, che sebbene fisicamente lontana dagli importanti centri di cultura della penisola, ha sempre voluto far sentire la propria voce. Proprio in quest’ottica assumono un grande rilievo gli studi condotti nell’ultimo periodo su Giuseppe Brancale, che insieme alla continua ricerca di materiale inedito, stabiliscono il punto di partenza per giungere ad una definizione approfondita del profilo dello scrittore e per trovare la sua esatta collocazione nel patrimonio letterario nazionale.
Data recensione: 01/04/2014
Testata Giornalistica: Nuova Antologia
Autore: Ada Rita Cutrino