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Sebastian Bach scriveva anche pezzi da bar. Lo fece tra il 1729 e il 1741, quando si occupò di creare musica d’ambiente per il Caffè Zimmermann di Lipsia

Niccolini. La Scuola di Fiesole propone al pianoforte i concerti per clavicembali

Sebastian Bach scriveva anche pezzi da bar. Lo fece tra il 1729 e il 1741, quando si occupò di creare musica d’ambiente per il Caffè Zimmermann di Lipsia. Mentre i clienti consumavano ai tavoli (di solito nel locale erano ammessi soltanto gli uomini, ma durante i concerti era concesso d’entrare pure alle signore), l’orchestra guidata da Bach, il Collegium musicum, suonava roba leggera che lui stesso aveva preparato rielaborando pagine sue o di autori italiani tipo Vivaldi. Ð compositore sedeva al clavicembalo; gli orchestrali erano quasi tutti studenti, dilettanti. Talvolta Bach pretendeva d’avere accanto a sé i figli musicisti. Per loro, affinchè fossero eseguiti al Caffè Zimmermann, preparò alcuni Concerti per più clavicembali e archi. Due. Tré. Quattro cembali insieme. Papa alla parte principale, più complessa, la prole alle altre tastiere. Oggi ne sopravvivono sei. Quattro di questi, fatti però su pianoforti, li propone la Scuola di Fiesole al Teatro Niccolini, domani, nell’ambito del suo “Progetto Bach” (ore 21, euro 14-16; in collaborazione con la Pergola). Ne sono protagonisti Andrea Lucchesini e Pietro De Maria insieme a una manciata di loro allievi fiesolani: Federica Bortoluzzi, Marcello De Vita, Arianna De Stefani, Alessandro Marchetti, Giuseppe Stoppiello, Francesco Tropea. Alina Company al violino tiene le fila dell’Orchestra Galilei. Un progetto didattico che diventa ghiotta occasione d’ascolto, poiché questi Concerti non si programmano quasi mai. Ne è stato facile stavolta: già è un’impresa portare sul palco del Niccolini un pianoforte, figuriamoci quattro. «La scrittura spessa di questo Bach è una palestra di leggerezza per gli studenti», dice Lucchesini. A qualcuno potrà sembrare anacronistico, m epoca di filologia imperante, trasferire i Concerti dal cembalo al piano. «Il cembalo, quando suona insieme agli archi, produce la sonorità argentina di un campanellino tintinnante. Il piano non può riprodurla, però sa cantare con un’espressività inattuabile sull’altro strumento. E siccome la gran parte dei Concerti in programma ricalcano originali per oboe e violino dello stesso Bach, il lirismo del pianoforte riesce a riavvicinarli ai modelli». Di rado Lucchesini ha suonato Bach in pubblico, a differenza di De Maria che invece negli ultimi tempi vi è si buttato anima e corpo. «Nelle sue partiture sono segnate solo le note. Il resto, dinamiche, fraseggi, tempi, è pagina bianca. Il che spaventa come un salto nel vuoto. Perché nessuna interpretazione è davvero giusta o errata. Ciascuno deve plasmarsi la propria».
Data recensione: 08/06/2016
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Gregorio Moppi