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Esce in questi giorni un nuovo testo che aiuterà a comprendere meglio la figura di Antonio Pizzuto. È l’edizione critica delle lettere scambiate tra lui e il poeta Carlo Betocchi dal 1961 al

Pubblicato a Firenze nella collana Epistolari

Esce in questi giorni un nuovo testo che aiuterà a comprendere meglio la figura di Antonio Pizzuto. È l’edizione critica delle lettere scambiate tra lui e il poeta Carlo Betocchi dal 1961 al 1971. Il volume (pp. 132, euro 15,00), a cura di Teresa Spignoli, non poteva trovare miglior collocazione che nella collana «Il Diaspro. Epistolari», diretta da Saverio Orlando per le fiorentine edizioni Polistampa, inaugurata nel 1992 dal carteggio tra Vasco Pratolini e Alessandro Parronchi e già attraversata dalle relazioni epistolari che Pizzuto mantenne con Giovanni Nencioni, Margaret Contini e Gianfranco Contini (in preparazione, a cura di Antonio Pane, anche l’epistolario Pizzuto-Mondadori).
Con Signorina Rosina l’editore fiorentino ha intanto concluso la prima fase del progetto che si proponeva, secondo l’auspicio di Gianfranco Contini, di restituire al comune commercio l’opera di Antonio Pizzuto, il narratore più originale del nostro Novecento. Il «Progetto Pizzuto» si è aperto nel 1998 con il recupero di un importante romanzo inedito, Così, e ha permesso di riproporre alcune tre le sue più rilevanti prose: Ravenna (2002), Sul ponte di Avignone (2004). E all’opera di Pizzuto si sono aggiunte poi le monografie critiche di Antonio Pane (Il leggibile Pizzuto, 1999) e Gualberto Alvino (Chi ha paura di Antonio Pizzuto?, 2000).
L’opera che ci viene oggi proposta (Betocchi/Pizzuto, Lettere (1966-1971), Polistampa, «Diaspro/Epistolari» 9) è innanzitutto il documento di una vicenda editoriale: la pubblicazione su «L’Approdo Letterario» di alcune pagine del questore palermitano che onorava i suoi anni estremi vergando le prose formalmente più temerarie del nostro Novecento. Le 65 missive raccolte e accuratamente chiosate da Teresa Spignoli inquadrano una svolta cruciale della biografia artistica di Pizzuto: il preannuncio e la definitiva affermazione di quella «sintassi nominale» che renderà pressoché illeggibile una scrittura già conosciuta come «difficile» e di cui l’epistolario restituisce preziose istantanee. Ma accanto ai segni di questo travaglio creativo fuori dal comune, questa «corrispondenza di servizio» conserva altre postille che rendono la lettura estremamente godibile. Betocchi si mostra ancora quale apparve a Giovanni Raboni: «un artigiano toscano, un intagliatore di cornici, un orafo, un ebanista». Pizzuto svela un volto quantomai cordiale, un talento comunicativo capace di condurre il minimo evento quotidiano, il semplice aneddoto nello spazio felice del racconto. Illustrata da numerose foto e riproduzioni di alcuni manoscritti originali, l’edizione è completata da regesto e indici dei nomi e delle opere di Pizzuto.
Data recensione: 30/07/2006
Testata Giornalistica: Gazzetta del Sud
Autore: Irene Gherardotti