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“C’era una volta, piccolo lettore…
- Un re, dirai, così si suol narrare - sbagli, però, stavolta sei in errore - c’era un pezzo di legno da bruciare. Un legno a prima vista come

“C’era una volta, piccolo lettore…
- Un re, dirai, così si suol narrare - sbagli, però, stavolta sei in errore - c’era un pezzo di legno da bruciare. Un legno a prima vista come tanti - di quelli che si buttano nel fuoco, di quelli, potrei dir, quasi abbondanti - di quelli il cui valor è men che poco
- Non so capir perché, né come e quando - questo pezzo di birba da catasta - finì da un falegname venerando - nel mucchio tra le tavole ed un’asta - Il mastro (od il maestro) ha nome Antonio - ma il naso rosso e lustro che lo fregia - e lo distingue come fosse un conio - gli valse il soprannome di Ciliegia… ”.
C’è il Pinocchio originale (quello scritto da Carlo Lorenzini, detto Collodi dal paese dove fece la cameriera sua madre), c’è il Pinocchio tradotto in tutte le lingue del mondo, compreso l’esquimese, c’è il Pinocchio teatrale e cinematografico (l’ultimo, recentissimo, è di Benigni) ed ora -udite! udite! - c’è il Pinocchio in rima. Lo ha tradotto in versi, Franco Belli - che ha trascroso anni di quello che lui definisce “impinocchiamento” - e se qualcuno si domanda che bisogno c’era di tradurre il capolavoro del Collodi dalla prosa alla poesia, gli risponde Maurizio Bettini, il prefatore, dicenda che il Pinocchio in prosa ha una sua musica segreta, quella dell’infanzia e della sapienza: nelle frasi di Collodi si nasconde a volte il ritmo delle filastrocche infantili, e questo ritmo sfuma spesso nella cadenza delle favole di Esopo, degli apologhi sapienzali. E per l’appunto queste due dimensioni della produzione letteraria, la filastrocca e l’apologo, così antiche e ben radicate nella nostra cultura, evocano la poesia. “… È come - scrive Bettini - se il bambino di legno avesse una gran voglia di gesticolare al ritmo di una filastrocca, mentre il Grillo Parlante, o meglio l’autore stesso Collodi, accennano il grave passo dell’apologo…”
Non vogliamo entrare nel difficile, ma diciamo prosaicamente che questa poesia è piacevolissima, e la vecchia storia si rilegge volentieri, tutta d’un fiato, da quando Mastro Ciliegia si trova con uno strano pezzo di legno a quando Pinocchio, ritornato un normale bambino dice: “Com’ero buffo quand’ero un burattino… ”.
Data recensione: 01/05/2006
Testata Giornalistica: Toscana qui
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