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Doveva essere e festa è stata. L’inaugurazione del Niccolini ieri sera è stata una bella serata che ha fatto riscoprire, ricordare l’arte di un genio del teatro qual è Paolo Poli.

Doveva essere e festa è stata. L’inaugurazione del Niccolini ieri sera è stata una bella serata che ha fatto riscoprire, ricordare l’arte di un genio del teatro qual è Paolo Poli. Far inaugurare il nuovo Niccolini a Paolo Poli - classe ’29 - è stata un’idea eccezionale, perché in Italia il rispetto per i maestri è abbastanza relativo: si fa presto a dimenticare i grandi attori. In Francia non è così: ancora si ricordano e ci sono manifesti ovunque dei vari Brel, Ferré, Brassins, Trenet. Parigi è ovunque popolata anche da immagini di Brigitte Bardot quando era ancora Brigitte Bardot. Da noi non è così: nessuno pensa a fare mostre su grandi artisti o attori del passato - basta pensare a Domenico Modugno o a Vittorio Gassman - mentre in Francia  sono state organizzate strepitose retrospettive su Dalida, la Piaf, Serge Gainsburg, Pink Floyd. Da noi i grandi artisti di più di 70 anni sono per lo più considerati fuori moda, da mettere nel dimenticatoio. Il Niccolini - il suo proprietario Mauro Pagliai, Il Teatro Stabile della Toscana-Pergola e l’Opera del Duomo - hanno invece avuto la grande idea di trasformare una carriera, una vita d’artista in uno spettacolo che vent’anni dopo la chiusura, ha inaugurato quello che è il più antico teatro di Firenze: il Niccolini appunto. L’artista - intervistato sul palco da Valentina Grazzini - in circa un’ora e mezzo ha raccontato trionfi, aneddoti, curiosità. Paolo Poli è stato sicuramente un innovatore, un trasgressivo, uno che ha creato un nuovo modo di fare teatro. Nei suoi spettacoli la cultura bassa è sempre andata a braccetto con quella alta: il “Corrierino dei Piccoli” con Pasolini, le canzonette con Landolfi, il teatro en travesti con Parise. E Poi Palazzeschi, le canzoncine del ventennio, Pascoli, la grande cultura filosofica del Settecento, i melodrammi di Carolina Invernizio presi in giro con strepitosa classe, i coturni e le ciabatte. Poli è sempre stato un artista contro: uno che, con grande glamour è stato anticlericale, anticonvenzionale, che ha preso in giro i luoghi comuni, che si è fatto beffa del concetto di matrimonio. Con grande eleganza ha sempre trascinato il suo pubblico all’inferno, ma in abito da sera. Incalzato dalle domande di Valentina Grazzini, ieri sera Poli non si è smentito. Ha ricordato le censure di Oscar Luigi Scalfaro per il suo spettacolo capolavoro “Rita da Cascia” (“Lui fece un’interpellanza parlamentare: che pubblicità per me e per lo spettacolo”!) e l’amicizia con Fellini (“Mi invitò a cena e mi preparò delle piadine”). Intanto su uno schermo sono state proiettate immagini di spettacoli storici come l’esilarante “La Nemica” di Niccodemi (’69) o di lavoro più recenti come “Sei brillanti”, in cui Poli - evidentemente en travesti - ha dato vita a una magnifica prova attoriale. Paolo Poli ha poi ricordato il suo incontro con Pasolini: “Io abitavo insieme a Laura Betti - sua grande amica - . Ero un po’ imbarazzato perché lei non voleva che nessuno chiudesse mai la porta del bagno. Per me non era facile sedermi sul water facendomi vedere da tutti”.... E poi dalle parole del grande attore escono i nomi degli amici: Franco Zeffirelli, Alfredo Bianchini .(“Il mio maestro”), Franca Valeri. Ancora: “Io nel ’78 inaugurai il Niccolini con ’Mezzacoda’. Eravamo io e Jaqueline Perrotin al piano, lei era la moglie del Mago Zurlì: si lasciarono perché lui aveva una passione per le mamme dei bambini aspiranti cantanti”. L’artista poi cita il fondamentale articolo che gli dedicò Camilla Cederna sull’Espresso” nel 1960: il titolo era “Il professorino che canta”. L’attore ha poi mandato in visibilio la platea recitando poesie di Palazzeschi e Gozzano. La serata è stata un trionfo: speriamo che il Niccolini - come ha auspicato il patron Mauro Pagliai - diventi davvero una casa per Paolo Poli, un grande artista che ha sempre corso da solo.
Data recensione: 11/01/2016
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Roberto Incerti