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Ci sono state l’Età della Pietra, quella del Rame, de bronzo e del Ferro. Ma, strano, non si è mai pensato a una (ipotetica) Età della Ceramica.

Ci sono state l’Età della Pietra, quella del Rame, de bronzo e del Ferro. Ma, strano, non si è mai pensato a una (ipotetica) Età della Ceramica. Eppure ce ne sarebbero tutti i presupposti: basterebbe leggere quello che scrivono gli autori (Pier Giorgio Burzacchini, Gian Paolo Emiliani, Maria Grazia Morganti) nel primo volume del Dizionario enciclopedico della Ceramica. Storia, arte, tecnologia pubblicato dalle Edizioni Polistampa di Firenze. Un viaggio ideale dalla «A Greca» che denomina la fabbrica di birra di Delft trasformatasi nella seconda metà del Seicento in manifattura ceramica (specializzata nelle imitazioni del «bianco-e-blu» Ming) a Paul Louis Cyffè (1724 - 1806) a sua volta diventato famoso per le sculture in maiolica di damine macellai, pescivendoli e giardinieri.
«Non pensiamo mai - spiega a “la Lettura” Burzacchini, anima del progetto nato sei anni fa, che prevede altri due volumi da pubblicare entro il 2016 per un totale complessivo di quattromila lemmi - a quanto la ceramica sia da sempre vicina all’uomo, quanto abbia assecondato le sue necessità e i suoi bisogni, dai rivestimenti per i contenitori destinati alla cottura del cibo ai conduttori elettrici». Fino a quella che sempre Burzacchini definisce «la comunicazione artistica»: quella, ad esempio, di un contemporaneo come Ai Weiwei che figura tra i protagonisti del dizionario «per aver riempito l’entrata principale della Tate Modern di Londra con migliaia di semi di girasole di ceramica dipinta a mano»
La comunanza tra uomo e ceramica sembra in qualche modo scritta nel destino: in quella terra «così da sempre vicina all’uomo, anche fisicamente» che altro non è che «una delle argille che, con l’acqua, rappresentano uno dei componenti essenziali della ceramica». Terracotta, terraglia, porcellana, maiolica e grès fanno allo stesso modo della medesima vastissima gamma di prodotti ottenuti modellando appunto impasti di terre che vengono poi cotti, spesso ricoperti di smalto o vernice e poi decorati. Per dare concretezza a piatti con Giunone e Mercurio, acquasantiere con San Bernardino da Siena, fischietti antropomorfi, teiere marmorizzate, zuppiere in forma di oca o di grossa gallina, crateri con le figure rosse delle Amazzoni, teste di bambole ottocentesche, boccali in forma di orso, vasi - scultura di Ettore Sottsass, caminetti, caccabus (stoviglia fondamentale per la cucina romana di età imperiale, assai apprezzata secondo Apicio per la bollitura e la ripassatura dei cibi). E sempre di ceramica parlano le architetture, o meglio i rivestimenti, dell’Alhambra di Granada, della Moschea Blu di Instanbul, della sede centrale della Campari a Sesto San Giovanni (Milano) progettata da Mario Botta, della Chiesa Dives in Misericordia a Roma firmata da Richard Meyer, il muro di cinta del Parco Güell a Barcellona disegnato da Antonio Gaudì. 
Data recensione: 27/12/2015
Testata Giornalistica: Corriere della Sera - La Lettura
Autore: Stefano Bucci