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Non è il caso di stupirsi - non per quanto mi riguarda, almeno - se il giovanissimo scienziato Giorgio Weber, classe 1923, fornisce alle mandrie di vanitosi epigoni che scorazzano per le patrie lettere una bella lezione di poesia.

Non è il caso di stupirsi - non per quanto mi riguarda, almeno - se il giovanissimo scienziato Giorgio Weber, classe 1923, fornisce alle mandrie di vanitosi epigoni che scorazzano per le patrie lettere una bella lezione di poesia. Si era capito già da Senza rete (2014) che quel giovane outsider aveva della stoffa, ma non per questo impressiona meno la conferma che viene dall’ultima raccolta: non tanto per i fittissimi richiami culturali che s’intrecciano nelle pagine del nuovo libro, da Čechov a Caravaggio, da Stravinskij a Fitzgerald, da Malpighi a Mann o Simone Martini, Gӧdel, Pergolesi o Proust, ma per l’amplissimo orizzonte ad esse sotteso, l’arco ben più che millenario che lo scienziato ha sempre ben presente, anche quando annota il passaggio degli storni o della pioggia o della primavera. Il diario del nostro, infatti, vive di questa pluralità di strati temporali, per cui le parole dei profeti biblici o di Omero e Shakespeare s’iscrivono naturalmente in un dialogo che fonde vissuto e cultura: nulla di libresco o di “erudito”, nei suoi versi; proprio al contrario, le notazioni minute del quotidiano e gli spunti memoriali legati alla famiglia, e in primo luogo alla moglie amata, si campiscono con nitore sulla pagina perché la pratica della scienza e dell’arte hanno insegnato al poeta un tempo lungo, biologico, sconfinato e quasi abissale, sicché s’intuisce che l’aforisma di Ippocrate («La vita è breve, l’arte vasta, l’occasione istantanea, l’esperimento malcerto, il giudizio difficile»), ricorrente emblema per lo “stile tardo” di tanti e modernissimi autori, dev’essergli stato da sempre compagno. Numerose le prove che si potrebbero attingere dal libro, tante quanti sono gli episodi dell’album indelebile affidato a Smart - Phone, e altrettante le domande che esso rivolge a sé, a noi e al mondo. Ma potrà il lettore, per meglio addentrarsi nella raccolta, giovarsi della bella Introduzione di Mario Graziano Parri, e trovare nel sintetico risvolto i lineamenti (biografici e bibliografici) del lavoro, con pochi eguali di Giorgio Weber. Per chi ancora non lo conosce, il giovane outsider, sarà un preziosa avventura; per chi invece non lo conosce, leggere e rileggere le sue poesie sarà un modo per fare ogni volta inattese e inesauribili scoperte, e infine occasione per essere felice di aver condiviso con lui qualche pur minimo tratto della propria esistenza.
Data recensione: 01/06/2015
Testata Giornalistica: Erba d’Arno
Autore: Luca Lenzini