chiudi

Domenica 20 settembre, nella pieve di San Piero in Bossolo a Tavernelle Val di Pesa, è stata inaugurata la mostra di arte sacra contemporanea «Trasfigurazione.

Domenica 20 settembre, nella pieve di San Piero in Bossolo a Tavernelle Val di Pesa, è stata inaugurata la mostra di arte sacra contemporanea «Trasfigurazione. Trasumanar significar per verba non si porìa». L’evento si è aperto con una presentazione di grande interesse nel corso della quale, dopo il saluto del sindaco di Tavernelle, David Baroncelli, e del pievano Franco Del Grosso, sono intervenuti il professor Antonio Natali, monsignor Timothy Verdon e l’igumeno Andrew Wade, ai quali hanno fatto seguito alcuni degli artisti stessi. La mostra, nata grazie all’impegno dell’Associazione Amici d’arte sacra di Tavernelle, si pone l’obiettivo di indagare il retaggio e l’evoluzione della rappresentazione sacra nell’arte cattolica e ortodossa, poste in dialogo fra loro. Sette temi evangelici sono stati affidati ad altrettanti iconografi e artisti contemporanei (Natività di Gesù, Monica Bucci e Filippo Rossi; Battesimo di Cristo, Cinzia Granata e Sergio Nardoni; Vocazione di Pietro, Giancarlo Pellegrini e Antonio Possenti; Trasfigurazione, Francesca Pari e GiampaoloTalani; Resurrezione, Aleksandr Stal’nov e Luca Alinari; Pentecoste, Maria Thea Egentini ed Elena Bianchini; Assunzione della Vergine, Paolo Orlando e Giovanni Maranghi) che partecipano alla mostra con lavori inediti esposti nelle due navate laterali della bellissima Pieve romanica e nelle sale dell’attiguo Museo, accanto a opere pregevoli quali Madonna col Bambino attribuita a Meliore di Jacopo ed eseguita intorno al 1270. Nei diversi interventi si è più volte sottolineato come l’arte sacra, dopo esser stata nei secoli promotrice di bellezza e conoscenza, stia oggi attraversando, almeno nel mondo occidentale, un momento d’involuzione e di crisi, sia per le difficoltà a esprimere la sacralità con gli attuali linguaggi, sia per la progressiva laicizzazione della società. In particolare, Antonio Natali ha messo in evidenza come la bellezza non possa essere definita, descritta o incasellata, ma sia una virtù che tocca le corse personali, che richiede studio, fatica e letture. «Di questa virtù», ha detto Natali, «gli ultimi quattro papi (Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco) incontrando gli artisti, hanno parlato, sempre considerandola uno strumento di redenzione, di elevazione che, purtroppo, guardando oggi le Chiese, non si è realizzata». «La causa di questo declino - ha sottolineato Natali- è da attribuirsi alla non piena attuazione del Concilio Vaticano II: non si sono saputi cogliere i segni dei tempi, ovvero non si è resa attuale l’arte, incarnando nell’oggi il mistero di Dio, attraverso rinnovati modi espressivi». Monsignor Timothy Verdon, riprendendo questo tema così importante, ha ricordato l’Omelia della Messa degli artistidi Paolo VI, celebrata nella Cappella Sistina nel 1964, nella quale il Papa diceva: «Vi abbiamo fatto tribolare, perché vi abbiamo imposto come canone primo l’imitazione, a voi che siete creatori, sempre vivaci, zampillanti di mille idee e di mille novità…Vi abbiamo talvolta messo una cappa di piombo addosso, possiamo dirlo; perdonateci! E poi vi abbiamo abbandonato anche noi. Non vi abbiamo spiegato le nostre cose, non vi abbiamo introdotti nella cella segreta, dove i misteri di Dio fanno balzare il cuore dell’uomo di gioia, di speranza, di letizia, di ebbrezza. Non vi abbiamo avuti allievi, amici, conversatori; perciò voi non ci avete conosciuto». il desiderio nutrito da Paolo VI, che Papa Montini ben tratteggiò anche nel Discorso di chiusura del Concilio, era che si potesse rinsaldare l’alleanza tra Chiesa e artisti, tramite un’amicizia che avesse a cuore solo la vera arte, che sapesse rendere accessibile e comprensibile il mondo dello spirito, conservandone l’ineffabilità, il senso di trascendenza, l’alone di mistero, in un multiforme, creativo e libero fervore di ricerca. Il pregio di questa mostra sta proprio nel cercare di «riconciliare» il mondo degli artisti con la Chiesa, di tentare di promuovere e rivalutare l’arte sacra contemporanea, mettendone in luce i diversi linguaggi - dalla figurazione classica all’astrattismo -,confrontandola addirittura con le dinamiche figurative e teologiche delle icone, legate alla tradizione artistica greco-bizantina e ai suoi canoni. Quest’ultima non facile possibilitàdi raffronto è stata presa in considerazione dall’intervento dell’igumeno Andrew Wade, che ha spiegato quali siano gli antichi modelli su cui si è formata l’arte sacra orientale e quale sia il ruolo liturgico delle icone nella Chiesa Ortodossa. Certamente, questo incontro tra Oriente e Occidente, tra teologia, iconologia, simbologia e iconografia, è alquanto ardito, ma questa esperienza, dove l’antico e nuovo umanesimo diventano palpabili, ha sicuramente il pregio di far pensare. Forse anche per questo, come ha affermato monsignor Timothy Verdon, «sebbene piccola, questa mostra è un dono prezioso di bellezza che, insieme a tanti altri più grandi e importanti eventi, ci introduce con speranza al Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo».
Data recensione: 04/10/2015
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Costanza Pagliai