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Felice sorte fu quella del Crocifisso ignaziano

La peculiarità del Crocifisso di Sant’Ignazio non è solo quella di essere una scultura datata e firmata da un autore noto e legato ad un enclave culturale ben definito, ma anche quella di essere oggi, dopo il restauro, nuovamente ricollocata nel luogo per il quale fu in origine ideato. Felice sorte fu quella del Crocifisso ignaziano poiché le opere d’arte e tra esse in modo particolare quelle di scultura devozionale, appartenute a enti religiosi soppressi, è questo il caso della Compagnia del Gesù, furono disperse, alienate e nei casi più fortunati diversamente in contesti diversi da quelli che furono spirito e ragione della loro realizzazione. Di molte opere di scultura sacra giunte fino a noi non si conosce l’autore, molto spesso possono essere ascritte all’ambito di una bottega ma difficilmente ricondotte ad un determinato artefice.
Il Crocifisso di Sant’Ignazio, e con esso le altre sculture di Atto Fabroni ancor oggi note, subiscono invece, anzi godono, di un destino privilegiato se confrontato con quello di opere pesantemente integrate da restauri dovuti a vicende traumatiche o al trasporto in luoghi diversi da quelli di origine. L’inventario redatto al momento della soppressione dell’Ordine dei Gesuiti avvenuto nel 1773 ci fornisce notizie importanti e, grazie al raffronto con le informazioni emerse dal restauro, inequivocabili sul suo allestimento e la sua finitura superficiale.
Data recensione: 01/06/2015
Testata Giornalistica: Arte Cristiana
Autore: ––