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Il tratto di Giannino Marchig insegue la classicità delle forme e allo stesso tempo la tradisce facendosi sempre più cupo, fosco, attraversato dalle inquietudini del

Acquisite anche opere di Conti, Wildt, Gemito, Ferraris

Il tratto di Giannino Marchig insegue la classicità delle forme e allo stesso tempo la tradisce facendosi sempre più cupo, fosco, attraversato dalle inquietudini del Novecento. I disegni dell’artista triestino rimangono sospesi in un tempo tutto interiore, fatto di sussulti, di turbamenti: sono forgiati da una mano felicissima che racconta un’influenza mitteleuropea ma che tradisce anche il segno forte lasciato dall’arte rinascimentale fiorentina. Nella Firenze degli anni Trenta ebbe luogo la maturazione di Marchig, nello studio allestito all’interno di una vecchia chiesa sconsacrata sul lungarno Guicciardini, e a Firenze torna parte della sua opera «perché sono sicura che lui avrebbe voluto così». Sono parole della vedova Jeanne, che ha donato al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi 6 dipinti, 200 tra acqueforti e disegni.
… Firenze «fu la patria spirituale di Marchig, qui più che in ogni altro luogo dove visse e viaggiò, si formò dal punto di vista culturale, stringendo amicizia Bernard Berenson, vivendo a stretto contatto con lui a Tatti» ricorda Jeanne presentando la mostra che è un efficace compendio delle diverse ispirazioni che fecero di Marchig un artista: dai disegni che tradiscono l’influsso della Secessione alla sensualità pensosa dei nudi dove esalta la sua conoscenza del Rinascimento e la sua riconoscenza nei confronti dell’arte tra Quattro e Cinquecento. Fino ai cupi, accigliati ritratti maschili, attraversati da una sotterranea scossa espressionista. Lo scrive Carlo Sisi nella scheda dedicata all’artista all’interno di una cartella-catalogo, pubblicata da Polistampa, con cui il Gabinetto e la sua direttrice, Marzia Faietti, presentano nuove acquisizioni (per un totale di 175 mila euro). Opere di Primo Conti, Giovanni Andrea Ferraris, Vincenzo Gemito ma soprattutto un potente disegno di Adolfo Wildt, Ad metalla (1925): uno straordinario incontro fra Michelangelo e l’espressionismo. La pubblicazione di cartelle come questa documenterà, d’ora in avanti, l’acquisto di nuove opere.
Data recensione: 27/06/2006
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Fulvio Paloscia