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Scrivere è vedere”. è questa l’equazione che Franco Zangrilli - Full Professor di italiano e di letteratura comparata alla City University di New York - pone alla base di «Dietro la maschera della scrittura»

Scrivere è vedere”. è questa l’equazione che Franco Zangrilli - Full Professor di italiano e di letteratura comparata alla City University di New York - pone alla base di «Dietro la maschera della scrittura», corposo e aggiornato volumetto dedicato all’opera di Antonio Tabucchi nel suo complesso. Secondo il prolifico studioso nato a Ripi, la prosa dello scrittore pisano, nel descrivere la realtà, si avvarrebbe «al massimo dei mezzi visivi», secondo una prospettiva che, ovviamente, rimanda per direttissima al magistero di Luigi Pirandello (della cui opera, è appena il caso di ricordarlo, Zangrilli è insigne studioso). Zangrilli individua «una funzione complicata del guardare» dalla quale prenderebbe le mosse la disposizione di Tabucchi per l’indagine, per la ricerca; per quel dettaglio che, quando guardo una foto o la scena di un film, può segnalarmi, in un solo istante, una verità più sincera e più inquietante. Per osservare questa verità, Tabucchi - è questa l’ipotesi portata avanti da Zangrilli - si servirebbe di un “binocolo rovesciato” che, come uno specchio deformato, farebbe vedere tutto e, allo stesso tempo, non mostrerebbe niente: è un dispositivo di tal fatta che, sin dagli esordi, consentirebbe a Tabucchi di estendere il dominio della realtà, fino a includervi porzioni di essa invisibili, per così dire, a occhio nudo. Soltanto così, tanto per Pirandello quanto per Tabucchi, è possibile far fronte a quel rebus «infinitamente grande» e insolubile costituito dal rapporto tra realtà e finzione e dal modo in cui queste due dimensioni si alternano nella figurazione dell’esistenza di ciascuno. Il fantasma di Pirandello (alla cui presenza lungo tutto il Novecento Zangrilli ha dedicato studi decisivi quali, ad esempio, «Linea pirandelliana nella narrativa contemporanea», già nel 1990, e poi, «Pirandello nell’America Latina» nel 2001 e «Pirandello. Presenza varia e perenne» nel 2007, fino ai recentissimi studi sulle influenze pirandelliane nelle opere di Buzzati e di d’Annunzio) aleggia su tutti e cinque i capitoli in cui è suddiviso lo studio di Zangrilli (il corpo del saggio - costituito dai capitoli denominati “Romanzi fantastici”, “Presenza pirandelliana”, “Cronaca: viaggio e attualità”, “Figure bizzarre” e “Fantasmi dei fantasmi” - è preceduto da una “Premessa”): egli ricostruisce con cura la rete delle sue “apparizioni”, arrivando persino a delineare la figura del “poeta umorista”; quello, cioè, che «fa suo il terreno della scrittura fantastica» non fermandosi alla superficie, non lasciando che l’apparenza lo inganni e sforzandosi di guardare al di là di essa, pervenendo così all’essenza delle cose. Tutto ciò non comporta necessariamente l’approdo a una soluzione, il punto d’arrivo di una risposta: si direbbe, anzi, che tanto Pirandello quanto Tabucchi mirino a una forma di “anti-racconto umoristico” che si apre ad altri problemi, che allude a ulteriori enigmi, che si identifichi nell’avventurosa (e forse infinita) ricerca dell’oltre. E allora, per questi autori, scrivere è, con ogni evidenza, “antivedere”, capovolgere i piani e i fuochi, giocare con il contrasto e la luminosità, ma senza distorcere, spiega Zangrilli: “anti-vedere” significa, piuttosto, «contemplare la realtà [...] “con altri occhi”». Si è detto dello specchio; bisogna parlare della foto, dell’immagine pittorica e del sogno che, al pari del primo elemento, diventano matrici «di una miriade di apparizioni» in grado di stimolare la rivelazione: sono, equivale a dire, capaci di incoraggiare quel senso del relativo su cui si fonda, parimenti, l’intero processo di creazione. Ciò mantiene un grande rilievo anche negli scritti giornalistici e nelle cronache di viaggio di Tabucchi: anche queste, come d’altronde le opere letterarie, fruiscono immancabilmente degli apporti dell’immaginazione; il viaggio, ad esempio, diventa percorso mentale e segno d’inquietudine, “favola dei fatti” che chiama a raccolta diversi generi, arrivando a mescolare sapientemente i mezzi creativi (dello stesso Zangrilli, si veda, almeno, «La favola dei fatti. Il giornalismo nello spazio creativo», Milano, Ares, 2010). Di tale processo di ibridazione tipico di molte opere postmoderniste, Zangrilli parla a più riprese e, in particolare, all’interno del terzo capitolo del volume che qui si recensisce (e, del resto, alla disposizione postmodernista della scrittura di Tabucchi è dedicata l’ultima parte del recentissimo volume curato da Zangrilli insieme a Eny Di Iorio e intitolato «Tre corone postmoderne. Landolfi Manganelli Tabucchi», Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia, 2015). Il filo conduttore è sempre quello costituito dal motivo visivo che autorizza a tornare a parlare di fotografia, intesa come sistema tanto per documentare quanto per immaginare: «è una sorta di foto-musa - spiega l’autore di “Dietro la maschera della scrittura” - che mentre traccia la caratteristica giornalistica imprime l’impronta artistica, cioè permette di realizzare un giornalismo creativo». All’interno dei lavori dedicati a d’Annunzio, a Buzzati, a Landolfi e, naturalmente, al suo Pirandello, Zangrilli ha sottolineato con forza l’importanza di una scrittura giornalistica mediante la quale curare, con efficacia e veemenza ancora maggiori, il corpo a corpo che impegna ciascun intellettuale con gli aspetti più variegati della realtà. Anche in questo senso acquisisce una straordinaria importanza la capacità di saper osservare tale realtà: così, l’ultimo capitolo del libro qui presentato - consacrato prevalentemente a “Tristano muore” (lungo monologo di un ex partigiano, pubblicato nel 2004) e al preponderante tema della morte - continua a discutere il concetto di visione: lo fa, ad esempio, mediante il riferimento all’ombra e, ancora, allo specchio, intesi come oggetti-simbolo in grado di trasportare il forte realismo del romanzo «sul piano del mito, della favola, del fantastico», recuperando e rivitalizzando in questo modo elementi del passato degni, secondo Tabucchi, di essere riattualizzati. Insomma, Zangrilli, con il suo libro fatto di idee, sempre espresse con semplicità e chiarezza, riflette con intelligenza sull’opera di Tabucchi, percorrendo la strada (anche quella che passa attraverso l’uso talvolta troppo disinvolto di definizioni o etichette alla moda) che, oggetto per oggetto, gli apre la sua competente sensibilità di critico della letteratura e che gli consente di ridiscutere l’impegno di Tabucchi, distaccandolo da quell’idea di sofisticazione e di sublime nichilismo cui viene solitamente annesso dopo analisi non troppo attente.
Data recensione: 12/04/2015
Testata Giornalistica: America Oggi
Autore: Alessandro Gaudio