chiudi

A dire il vero quando l’Italia fu fatta e Firenze perse il ruolo di capitale politica, i fiorentini non versarono molte lacrime.

A dire il vero quando l’Italia fu fatta e Firenze perse il ruolo di capitale politica, i fiorentini non versarono molte lacrime. Anche perché Ricasoli e il suo governo provvisorio si erano tanto adoperati allo scopo dell’unità nazionale, di concerto con Cavour. Tanto è vero che quattro anni dopo, nel 1865, quando a Firenze toccò di tornare capitale politica, i fiorentini entrarono in gran sofferenza. Un po’ perché tutti sapevano che sarebbe stata una soluzione provvisoria sulla via di Roma. Un po’ per la sospettosità con cui si accoglievano in gran numero i “buzzurri”, i piemontesi. Poi per i disagi che crearono gli infiniti lavori pubblici. Ma c’era un ruolo di capitale che invece la città volle avere fin dagli esordi del Regno d’Italia, e riguardava la cultura e la scienza. Per questo sì, i fiorentini erano pronti ad investire, a impegnarsi. Ma con saggezza, rispettando le tradizioni che a Firenze non erano prettamente universitarie, ma accademiche. Quindi ricerca libera, aperta, avanzata, innovatrice, fuori dai programmi ministeriali e dalle regole. Ecco che fu messo in piedi l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento: anticipò la nascita dell’Università di Firenze, ma all’origine assomigliava ad una libera accademia. Poi tutte le altre antiche accademie fiorentine trovarono nuovo slancio: dai Georgofili alla Colombaria passando per la Crusca e la Deputazione di storia patria, mentre “La Nazione” sosteneva e dava risonanza a questo fervore di opere. E con le accademie, il teatro, la musica, le biblioteche e, per aprire la nuova stagione della storia d’Italia, l’esposizione universale delle Cascine. Mentre si consumava l’ultima stagione di Vieusseux che con l’unità vedeva coronato il suo sogno di cosmopolita e patriota a un tempo. Chi si vuol addentrare in questa grande storia prenda in mano il volume Firenze capitale europea della cultura e della ricerca scientifica. La vigilia del 1865 (a cura di Giustina Manica). La lettura dà il conforto del ricordo della forza morale e culturale che Firenze ha saputo esprimere. E si sa che come le nefandezze nella storia si possono ripetere così possono tornare anche le grandezze. Per questo, la nostra storia non ci dà la ricetta sicura, ma ci dice che ci sono le condizioni per tornare agli antichi splendori dove, quando vogliamo, sappiamo eccellere: la cultura e la scienza. Un buon augurio per il 2015.
Data recensione: 18/01/2015
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Sandro Rogari