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Quanto ci manca il Professore! Elvio Natali era il «Prof» anche per i giornalisti (prima di «Avvenire» e poi di «Toscana Oggi») che come me sono passati da Palazzo Pucci

Quanto ci manca il Professore! Elvio Natali era il «Prof» anche per i giornalisti (prima di «Avvenire» e poi di «Toscana Oggi») che come me sono passati da Palazzo Pucci dal 1970. Se per la nostra generazione è stato – con Angiolo Maria Zoli e Arnaldo Mariotti –un Maestro di etica dell’informazione, oltre che un prestigioso critico d’arte e poeta, non c’è da stupirsi se alcune centinaia di ex allievi tuttora ne parlano come di un indimenticabile docente di latino e greco, fino al 1966 a Piombino e successivamente per 16 anni al Liceo Galileo di Firenze. Proprio un educatore d’altri tempi, formatosi negli studi liceali a Portoferraio e in quelli universitari a Pisa. Colto, umile, sapeva trasmettere la conoscenza , la passione per i Classici , per la poesia e la pittura, unendole ad esemplari lezioni di vita e di umanità! Tutti lo ricordiamo con nostalgia, a dieci anni dalla morte, volgendo lo sguardo verso San Miniato al Monte, dove ha raggiunto la pace eterna. Lo rivediamo con il suo sorriso rassicurante scolpito sul volto e gli inconfondibili capelli bianchi. Elegante nel linguaggio, sobrio nel vestire. Non dava troppo peso alle apparenze ed alle forme. Non seguiva le mode. Sapeva però affrontare le asperità quotidiane. Aveva appreso la determinazione dal padre Sestilio, che – lui aveva appena sette mesi – si era trasferito da Villa di Piteccio a Piombino con la moglie Edi Pepi ed i boscaioli costretti per lavoro a scendere dall’Appennino pistoiese in Maremma. E alla Maremma è rimasto legato fino all’ultimo, da quando aveva traslocato a Firenze. Sempre pronto ad intervenire, su invito di amici ed ex allievi, all’inaugurazione di mostre ed alle iniziative promosse dal «Foglio letterario»; che giustamente nel 2005 gli ha reso omaggio con una mostra a Sant’Antimo. Ma Firenze e la Toscana hanno ancora un debito di riconoscenza verso questo intellettuale poliedrico, grande nella sua modestia, che forse ha pagato il fatto di essere cattolico, in una regione allora riconoscente solo con chi si allineava alle teorie marxiste. Aveva le sue idee sulla Scuola, su politica, morale e religione, ma non discriminava nessuno, sia nell’insegnamento che nella critica artistica o nell’attività letteraria. Come conferma del resto quel tesoro di patrimonio librario, fatto di saggi, di scritti epistolari e traduzioni dal greco e dal latino che fortunatamente ha lasciato in buone mani, come «eredità spirituale», ai figli Antonio – stimato direttore degli Uffizi – e Maria Elisa, nello studio della sua abitazione di via Lulli, vicino alle Cascine. Aveva tradotto le «Georgiche» di Virgilio, stava lavorando alla traduzione del «De rerum natura» di Lucrezio. Ma lui stesso, amico di Mario Luzi, si era fatto apprezzare per palpitanti raccolte poetiche. Con «Le cose tutte quante» vinse il primo premio Fiorino d’Oro, ed un giudizio positivo di critica ebbe pure «In tempra tesa», pubblicata da Polistampa. Rileggiamole, per dare il giusto peso ad un poeta tutto da scoprire.
Data recensione: 20/04/2014
Testata Giornalistica: Toscana Oggi
Autore: Antonio Lovascio