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Sette giorni che sconvolsero Firenze. Sono quelli che vanno dal 29 luglio al 4 agosto del 1944 come li racconta Nello Baroni, l’architetto allora trentottenne

Sette giorni che sconvolsero Firenze. Sono quelli che vanno dal 29 luglio al 4 agosto del 1944 come li racconta Nello Baroni, l’architetto allora trentottenne che partecipò insieme al Gruppo Toscano alla realizzazione della stazione di Santa Maria Novella e allestì gli interni del teatro cinema Rex, oggi Apollo, subito prima della guerra. In quella incredibile settimana Baroni fece parte della comunità di sfollati che “invase” Palazzo Pitti divenuto il grande rifugio dei fiorentini in fuga dalle loro case vicine all’Arno dove i tedeschi stavano minando tutti i ponti. Una testimonianza diretta, scritta con matita e penna su dei fogli di carta e poi trascritta a macchina. Un diario inedito che per la prima volta in forma completa viene adesso pubblicato da Polistampa nel volume scritto dagli architetti Gianluca Belli e Amedeo Belluzzi intitolato Una notte d’estate del 1944 (208 pagine, 18 euro) che contiene una serie di foto mai viste sulla ricostruzione dei quartieri sulle rive del fiume, le piante dei luoghi distrutti dalle bombe e i progetti dei nuovi edifici. Immagini in bianco e nero conservate nell’Archivio storico del Comune, nella biblioteca della facoltà di Architettura, nel Centro di documentazione "Giovanni Michelucci" di Pistoia, dal Kunsthistorisches Institut di Firenze e dalla Camera di commercio, in parte scattate nei saloni e nei cortili di Palazzo Pitti ingombri di tavole di legno, pentole e piatti, fornelli improvvisati, popolati da bambini, anziani, donne che preparano letti di fortuna, uomini che si fanno la barba di fronte a schegge di specchi appoggiati ai ripiani dei grandi caminetti di pietra, carretti che trasportano sedie, lenzuola e sacchi di farina. Persino il Corridoio Vasariano, che i tedeschi avevano dimenticato di presidiare, si rivelò in quei giorni un utile passaggio segreto per chi cercava protezione. Ciò che ora è museo divenne terreno di vita, casa comune, tetto collettivo. Amedeo Belluzzi ha curato la trascrizione del “Diario dei cinquemila di Nello Baroni” ripercorrendo nel capitolo che apre il libro, “Una notte di mezza estate”, le vicende di quel periodo che si chiuse con la Liberazione della città e dà conto del modo improvvisato e quasi spontaneistico con cui vennero messi o non messi in sicurezza i beni artistici di Firenze all’annunciarsi dei bombardamenti. Il 29 luglio l’ordinanza del Comando tedesco impone lo sgombero dei palazzi intorno all’Arno, suggerendo agli sfollati di dirigersi verso nord. Il “consiglio” viene interpretato al contrario, è noto a tutti che gli alleati stanno arrivando da sud ed è in quella direzione che decine di migliaia di persone si mettono in cammino. Trovare un riparo non è facile, gli edifici pubblici messi a disposizione dal Comune sono già occupati dai profughi del Lazio. Baroni scappa dentro Palazzo Pitti, lì incontra anche Michelucci (ospite del gallerista Eugenio Ventura nella torre degli Angiolieri dietro via Guicciardini), gli architetti Detti e Gamberini, Roberto Longhi e Anna Banti, l’avvocato Francesco Berti esponente del Comitato toscano di liberazione nazionale. Scrive Baroni il 30 luglio del ‘ 44: «All’alba - un’alba scipita e triste di giorno nebbioso - siamo in piedi e usciamo per andare verso via Guicciardini. Non siamo i primi: di già su tutte le porte è un agitarsi di gente che porta giù roba, che la carica sui carretti, sui barroccini, sui barrocci più grandi... Due ininterrotte file di gente che tira carretti... sudano, faticano, inciampano, ma c’è in tutti un non so qual senso di disciplina come una consapevolezza che in questo momento non è il caso di abbandonarsi al leticare così caro ai fiorentini; e forse è tanto il rancore verso chi li costringe a questo calvario che non ce ne resta per gli altri». Il giorno dopo Palazzo Pitti è già trasformato in un accampamento: «Prima di sera faccio un giro», scrive Baroni. «Le sale della Galleria Moderna sono piene di materassi stesi per terra e di masserizie di ogni genere. Alcune sale della Galleria Palatina sono anche state aperte agli sfollati. La scala monumentale è piena, pieno il cortile e la scala Poccianti. E’invaso anche il quartiere della Meridiana e l’appartamento del Conte di Torino; costà già si delinea un certo sapore d’élite. Ma non basta: gente si sta sistemando negli androni e nei passaggi e gente arriva ancora. Come faremo?». Intanto in via Maggio sfilano i carri armati...
Data recensione: 15/11/2013
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Simona Poli