chiudi

“Che pena il sole a primavera/ senza la donna, Renzo!/ Femmineo sole sfocato/ che vieta coi Capi/ il mio corpo ondeggia al furore

“Che pena il sole a primavera/ senza la donna, Renzo!/ Femmineo sole sfocato/ che vieta coi Capi/ il mio corpo ondeggia al furore –/ l’arsura la febbre la lotta/ dell’Affrica che sogno che sogno/ e non vivo”. Sono versi dello scrittore Vasco Pratolini indirizzati all’amico Renzo Grazzini il 4 marzo 1935, anno XIII dell’era fascista, ai tempi della guerra d’Abissinia, rinvenuti in un fondo privato assieme a una lettera inviata allo stesso destinatario. Mai pubblicati finora, gli inediti sono trascritti nell’ultimo fascicolo monografico della rivista letteraria “Il Portolano”, un numero (74-75) incentrato sullo scrittore fiorentino - autore di opere come “Cronaca familiare” (1947), “Cronache di poveri amanti” (1947) e “Metello” (1955) - a cui l’Università di Firenze e il Gabinetto Vieusseux dedicano dal 16 al 19 ottobre un convegno internazionale nel centenario della nascita.
Nel 1935 Grazzini, che era sotto le armi come sottotenente di complemento, chiese di essere inviato in Africa. Anche Pratolini avrebbe voluto partecipare, ma si era ammalato ed era stato ricoverato in sanatorio. In quell’occasione scrisse questa poesia, in cui la rabbia per essere forzatamente escluso si unisce a quella per la morte della sua compagna, poi spesso ricordata nei suoi scritti successivi. I due amici si incontreranno di nuovo nell’autunno dello stesso anno, il primo rimpatriato e il secondo guarito dalla malattia. Le loro discussioni, sulla guerra e sulla situazione politica italiana e internazionale segneranno l’inizio di quel percorso di maturazione che porterà in seguito Pratolini a militare nella Resistenza, insieme allo stesso Grazzini. La poesia intitolata “A Renzo Grazzini” inizia con questi versi: “Tu cozzi col ciel/ I tuoi sensi, lo spirito invaso dall’iride/ inespressa. E gente vuota/ nel saio della guerra che fece vivere, che vivremo/. Io stupro alle piante/ alle colline orlate di sole malato/ (come il corpo della donna che m’è sparita. Che morta! che morta, maledetti!)/ un ritaglio di calore”.
Sulla rivista “Il Portolano”, c’è anche una lettera inedita all’amico Grazzini dello stesso periodo: “Renzo carissimo, anch’io vorrei scriverti a lungo, come ho scritto stamani a Becchi che s’è fatto un altro uomo. Ma in questi giorni sono troppo angosciato dai fatti di Spagna e non ti dirrei che bischerate o parole tremende. Io so di te quanto mi basta per giurare nella tua volontà e sul tuo orgoglio. Perché ti sento a me vicino più che mai ora che non ho quasi nessuno più che mi voglia o che mi sappia intendere. Se è vero che tu torni presto - e io te l’auguro e me l’auguro - ci diremo e c’intenderemo. Se tu sei ancora costà necessario, il tempo che passa ci porterà fatti nuovi ed idee più mature da riversarci nell’anima e nel cervello”.
Data recensione: 14/10/2013
Testata Giornalistica: Adnkronos
Autore: ––