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Pochi, splendidi gioielli in uno scrigno altrettanto prezioso. L’Oratorio di Santa Caterina delle Ruote a Bagno a Ripoli, perla architettonica trecentesca fatta costruire dagli Alberti

Pochi, splendidi gioielli in uno scrigno altrettanto prezioso. L’Oratorio di Santa Caterina delle Ruote a Bagno a Ripoli, perla architettonica trecentesca fatta costruire dagli Alberti e interamente decorata da affreschi del Maestro di Barberino, Spinello Aretino e Pietro Nelli, ospita da oggi una nuova tappa del progetto espositivo “La Città degli Uffizi”, dedicata a Francesco Granacci e Giovanni di Lorenzo Larciani. La mostra, che il direttore della Galleria Antonio Natali ha affidato alla curatela di due giovani, esperti collaboratori, Lucia Aquino e Simone Giordani, intende ripercorrere la fortunata esperienza de “L’Oratorio di Santa Caterina all’Antella e i suoi pittori”, del 2009, concentrandosi questa volta su due artisti, entrambi attivi a Firenze e dintorni nel primo Cinquecento, protagonisti di percorsi diversi e in qualche modo anomali, spregiudicati rispetto ai più celebri maestri di cui furono contemporanei. Larciani in particolare - nome al quale gli storici hanno ricondotto soltanto di recente l’identità del pittore noto, in passato, come “Maestro dei Paesaggi Kress” - vissuto tra il 1484 e il 1527, può essere considerato l’incarnazione più calzante di quella categoria di "eccentricità" teorizzata da Federico Zeri. Nel volto di San Giovanni nella lunetta Trinità e i Quattro Evangelisti, o nella piccola, straordinaria Allegoria, in arrivo dagli Uffizi, in cui la Fortuna veleggia su un delfino dalle sembianze caricaturali, si rintraccia quella che Natali definisce una «bellezza stravagante, bizzarra», ben diversa da quella che ci si aspetta di trovare nelle forme aggraziate e perfette dei blasonati esponenti della “Maniera moderna”. Dell’autore è presente anche una Madonna con bambino e San Giovannino mai vista, proveniente da una collezione privata che, spiega Aquino, «ben rende quella tendenza dei pittori fiorentini del primo Cinquecento a ispirarsi a Donatello nella rappresentazione dei moti di affetto tra la Vergine e il bambino». Altra opera mai vista è un bellissimo ciborio intagliato e dipinto dal Larciani, perfettamente conservato, normalmente custodito nel monastero di clausura di Santa Maria a Rosano. Quanto a Granacci (1469/701543), si tratta, spiega Giordani, «di un autore complicato, continuamente nominato dagli studi critici ma, in realtà, poco studiato». Lungamente evocato dal Vasari che, nelle due diverse edizioni delle Vite, cambiò radicalmente giudizio, da negativo a positivo, su di lui, è noto per essersi formato alla bottega del Ghirlandaio, fra le più rinomate della Firenze della seconda metà del Quattrocento, e per la lunga e profonda amicizia con Michelangelo, che aiutò durante la realizzazione della Cappella Sistina. In mostra sono presenti opere importanti come la bellissima Madonna col Bambino tra San Donnino e il beato Gherardo di Villamagna, proveniente dalla Pieve di San Donnino, la Madonna col Bambino tra i Santi Sebastiano e Francesco, dal Museo di arte sacra di Santa Verdiana a Castelfiorentino, o l’Ingresso di Carlo VIIIa Firenze custodito agli Uffizi, ma anche una preziosa predella che faceva parte del grande polittico dipinto per il convento di Sant’Apollonia su uno schema fornito dallo stesso Buonarroti. La mostra, visitabile fino al 27 ottobre dal martedì alla domenica in orario 10-19 e poi, fino al 12 gennaio, in orario ridotto (mar.-ven. 10-17.30, sab. e dom. 10-19; 6 euro), è accompagnata da un ricco calendario di eventi, messo a punto dal Comune di Bagno a Ripoli, che preve de concerti, percorsi di trekking alla scoperta dei luoghi del Granacci, conferenze, pièce teatrali, degustazioni. «Si tratta di un’iniziativa - ha commentato il sindaco Luciano Bartolini - condivisa e partecipata con tutte le realtà sociali del territorio, che vuole mostrare come un grande progetto culturale possa garantire una ricaduta economica e sociale sul territorio, e come la risposta alla crisi possa avvenire anche su un piano in apparenza “immateriale”».
Data recensione: 23/09/2013
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Gaia Rau