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Ha il sapore di un rimpatrio la mostra «Il Rinascimento da Firenze a Parigi. Andata e ritorno» che si tiene nella Villa Bardini (dal 6 settembre al 31 dicembre 2013) e riunisce alcuni capolavori conservati in uno dei musei più raffinati di Francia, lo Jac

Ha il sapore di un rimpatrio la mostra «Il Rinascimento da Firenze a Parigi. Andata e ritorno» che si tiene nella Villa Bardini (dal 6 settembre al 31 dicembre 2013) e riunisce alcuni capolavori conservati in uno dei musei più raffinati di Francia, lo Jacquemart-André che vanta, dopo il Louvre, la più ricca collezione di opere del Rinascimento fiorentino, acquistate a fine Ottocento a Firenze, nell’atelier del celebre antiquario garibaldino Stefano Bardini o per suo tramite. Le opere che tornano a Firenze dopo oltre un secolo proprio nella dimora dell’antiquario che le possedeva, testimoniamo la forza del mito della Firenze rinascimentale nella colta borghesia europea e americana, che alimentò quella febbre di collezionismo ed ebbe come rovescio della mediaglia la dispersione di una parte cospicua del patrimonio artistico nazionale, all’epoca non vincolato. La storia che lega Edouard André e sua moglie Nélie Jacquemart con Stefano Bardini risale al 1882, quando i coniugi si recarono a Firenze per la prima volta: André, erede di famiglia di banchieri dell’aristocrazia imperiale, amico e compagno d’arme di Napoleone III, aveva lasciato l’esercito e poi la politia, per dedicarsi a raccogliere tesori per il suo palazzo-museo fatto costruire a Parigi in Boulevard Haussmann. Fu la moglie Nélie, pittrice, allieva di e Ernest Hébert, ritrattista della buona società, a spingere il marito verso l’Italia ed i maestri del Rinascimento; rimasta vedova nel 1894, Nélie continuò a frequentare la città e ad arricchire la collezione, fino alla morte nel 1912, quando lasciò allo stato palazzo e collezioni con il vincolo da farne un museo pubblico accessibile a tutti, secondo la volontà di condivisione dell’arte espressa dal marito. Il Musée Jacquemart-André aprì dunque le porte proprio un secolo fa, nel 1913. La mostra fiorentina cade quindi in un anno simbolico e ospita oggi centinaia di capolavori del Rinascimento italiano (perlopiù acquistati grazie a Bardini), tra cui gli splendidi marmi di Donatello, Luca della Robbia, Laurana; e se le opere fiorentine sono numerosissime, cospicuo è anche il numero di copie venete (Bellini e Carpaccio), oltre che inglesi, olandesi, francesi; e poi arredi, mobili e oggetti. In mostra a Firenze troviamo, per non citarne che alcune, opere del calibro del «San Giorgio che trafigge il drago» (1430-1435) di Paolo Uccello, «La fuga in Egitto» (1510) di Botticelli, la «Madonna col bambino» di Alessio Baldovinetti (1455-60), l’«Ecce homo» di Mentegna (c. 1500), il «Suonatore di liuto» di Francesco Salviati (circa 1545-1550). Curata da un gruppo di studiosi italiani e francesi (Giovanna Damiani, Marilena Tamassia, Nicolas Sainte Fare Garnot) la mostra è sotto la diretta tutela della soprintendente Cristina Acidini, e di Gabriel de Broglie, Cancelliere dell’Institut de France, le due istituzioni che promuovono l’evento insieme alla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e al museo Jacquemart-André con la società di gestione Culturesespaces presieduta da Bruno Monnier. Questo felice connubio ha origine nel cospicuo prestito concello dalla Sopritendenza alla monografica sul Beato Angelico organizzata nel museo parigino un anno fa, e si realizza grazie al sostegno dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Camera di Commercio, Unicoop Firenze, Civita Group e Studio Copernico, con il supporto tecnico di Admarco, Catola & Partners e Polistampa.
Data recensione: 01/09/2013
Testata Giornalistica: Giornale dell’Arte
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