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Bel titolo e curioso questo dedicato all’intelligente riscoperta di un artista toscano, Giuseppe Piombanti Ammannati che ha traversato l’intero Novecento (nato nel 1898 in

Bel titolo e curioso questo dedicato all’intelligente riscoperta di un artista toscano, Giuseppe Piombanti Ammannati che ha traversato l’intero Novecento (nato nel 1898 in quel dell’Impruneta e scomparso una decina d’anni fa) che suona Il ruralismo magico di Giuseppe Piombanti (catalogo Polistampa). La riproposta di quest’artista avviene in un’articolata e vasta rassegna, curata da Mauro Pratesi, promossa principalmente dal Comune di Bagno a Ripoli e che ha una triplice dislocazione: il celebrato Oratorio di Santa Caterina, il Circolo Acli di Grassina e il cimitero monumentale di Antella, storico edificio che il Roster rese monumentale, arricchito dagli affreschi di Galileo Chini. Piombanti fu artista, oltre che insegnante di arti decorative, del tutto molteplice: pittore, incisore, straordinario ceramista e anche ottimo cartellonista, nonché scrittore di un unico libro I miei racconti (1968). La mostra documenta questa varietà che in Piombanti voleva sottolineare la circolare unità della cultura. Nato nella Toscana più agricola (figlio di un giardiniere di ville) Piombanti vive la radicale cesura della scomparsa dell’Italia agricola con la fine della mezzadria, ma serbando le innocenti mitologie di quel mondo le rappresenta e le racconta ponendosi artisticamente nell’alveo che sta fra il decò e l’arte novecentesca, stili praticati sempre seguendo un araldico stemma di toscanità. Nelle molte opere esposte, e come s’è detto di più generi, spicca sempre un geometrismo paesistico, un’immediatezza di rappresentazione, una capacità inventiva che si situa nel costante gusto della stilizzazione più innocente ed elegante, fra candore e fantasia mitologica: piante, animali, figure e paesaggi, si fanno teatrino di una visione semplice quanto suggestiva. Piombanti porta nella sua arte la condivisa consapevolezza delle esperienze teoriche internazionali, sia delle novità che riesce a rappresentare soprattutto nella ceramica e anche nella cartellonistica pubblicitaria che lo portano a una notorietà internazionale. Nel suo stile, peraltro sempre originale, si accampano gli influssi di chi gli fu maestro, soprattutto lo scultore Libero Andreotti e di chi guardò con particolare attenzione: il grande Giò Ponti, ispiratore, per molti anni della Richard Ginori. Fra libero gioco dell’immaginazione, francescana attenzione alla ruralità, decorative eleganze dell’arabesco, prende vita il paesaggio figurativo di quest’artista che sa sempre suscitare nel suo magico teatrino un senso attonito di mitologica e insieme novecentesca e sobria eleganza. Gran merito va a chi riporta oggi alla ribalta questo interessante minore della multiforme storia toscana ma anche italiana ed europea, dell’immagine artistica.
Data recensione: 03/05/2006
Testata Giornalistica: Il Giornale della Toscana
Autore: Pier Francesco Listri