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La vocazione a stupire, a non dare niente per scontato, già visto, udito, assaporato, continua. Una fortuna "rinascimentale" tutta fiorentina

La vocazione a stupire, a non dare niente per scontato, già visto, udito, assaporato, continua. Una fortuna "rinascimentale" tutta fiorentina che trova e riscopre ora, rendendolo accessibile a tutti, un nuovo tassello di questo straordinario mosaico. Torna alla luce in tutto il suo splendore, dopo anni di scrupolosi restauri, la Cappella Rucellai che contiene al suo interno, quasi una epifania astrale finita lì da siderali distanze, il Tempietto del Santo Sepolcro che il suo artefice, Leon Battista Alberti, realizzò nel 1467 a somiglianza e in scala del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Siamo nella fabbrica della ex chiesa di san Pancrazio, spazio variamente riletto nei decenni che l’hanno via via sconsacrata (nel 1808) e trasformata a vari usi (sala gioco, manifattura tabacchi e ultimo nel dopoguerra una carrozzeria) prima di diventare nel 1988 la sede del Museo Marino Marini, a suo modo un "corpo estraneo" nella panoramica classica e nel gettonato itinerario turistico di Firenze. Ora una breccia, anche materiale, si è aperta e chi cavalca i cavalli del Marini può inabissarsi nelle raffinate cromature e nelle assolute perfezioni dell’Alberti. La cappella, proprietà della curia, conserva il carattere di culto, tanto che oggi a sancirne la sacralità sarà lo stesso cardinale Betori officiando una messa di "benvenuto". Il Marini meritava comunque una visita. Ora l’abbinamento è sensazionale. Sabato e domenica l’ingresso è libero (25 persone ogni 30 minuti), da lunedì col prezzo e gli orari del Museo.
Data recensione: 13/02/2013
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Gabriele Rizza