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È un volume di grande pregio, ponderoso e con diversificati apparati iconografici l’esito della fatica di Esther Diana.

È un volume di grande pregio, ponderoso e con diversificati apparati iconografici l’esito della fatica di Esther Diana. Affondando le sue origini nel lontano Medioevo, lo sviluppo dell’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova si interseca prepotentemente con la storia della città e del suo tessuto urbano. Al centro dell’interesse dell’a., architetta e storica dell’assistenza e della sanità, vi è la ricostruzione dell’evoluzione per l’appunto ar­chitettonica, ma al tempo stesso anche sociale, funzionale e scientifica, del noto ospedale. La storia di questo istituto diventa pertanto storia di un modello di sistema sanitario.
Due gli aspetti che a mio avviso maggiormente contraddistinguono l’opera: in prima istanza lo sguardo originale dell’a. ci restituisce il rapporto osmotico che il Santa Maria Nuova ha avuto con la città; tale rapporto è reso visivamente anche dalla particolare strut­tura architettonica: la città entra costantemente nello spazio ospedaliero attraverso tutte le aperture (finestre, vetrate, cortili) o, se si preferisce, ogni apertura dell’ospedale si affaccia su un luogo della città. In seconda istanza, le evoluzioni delle strutture architettoniche – i vari progetti che si susseguirono nell’arco dei secoli sono dettagliatamente presentati e analizzati – rendono conto dei cambiamenti che riguardano i rapporti tra corpi malati e comunità, ceti dirigenti e medici, idee di benessere e standard di igiene.
Sul primo indirizzo, si snoda una lunga attenzione volta a separare lo «sconcio» e il «puzzo», a contenere il fetore che proviene dall’ospedale, a gestire in modo nuovo i cadaveri tra le esigenze scientifiche degli studi di anatomia e la più igienica sepoltura. Sotto questo profilo, gli anni successivi al raggiungimento dell’Unità d’Italia, sulla scia dei progetti di polizia medica messi a punto da Johann Peter Frank e dello sviluppo dell’igie­nismo, appaiono periodizzanti.
Sul secondo aspetto, la storia degli interventi di rinnovamento strutturale rivela l’adeguamento alle nuove esigenze sociali e sanitarie: si ricostruisce pertanto con precisio­ne, evidenziando anche l’origine – spesso privata – dei capitali, l’introduzione di tutte le innovazioni, anche se nel complesso la storia di queste strutture è marcatamente segnata dai troppi compromessi che testimoniano le difficoltà di rinnovarsi. Si moltiplicano le cubature sopraelevando, conservando e non modernizzando le strutture, sottolinea Esther Diana. Da questo punto di vista, senza trascurare le novità che giungono già nei primi anni del XX secolo, legate all’ampliamento dei progetti sanitari e alle edificazioni di nuovi ospedali (il Careggi ad esempio), il regime fascista darà nuovi assetti alla riorganizzazione interna e al personale medico e infermieristico.
Data recensione: 01/01/2013
Testata Giornalistica: Il mestiere di storico
Autore: Vinzia Fiorino