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La chiamano «pietra di luna», per i suoi riflessi luminosi. È considerata un materiale povero, ma nelle mani di abili

Mobili, pannelli per altari, quadri, tavoli: ecco l’arte della scagliola
Allo spazio mostre dell’Ente Cassa la collezione di Bianco Bianchi La chiamano «pietra di luna», per i suoi riflessi luminosi. È considerata un materiale povero, ma nelle mani di abili artigiani diventa preziosa e regala intarsi che non hanno nulla da invidiare ai capolavori in pietre dure. Oggi la scagliola è una di quelle eccellenze dell’artigianato che rendono famosa Firenze nel mondo. A riportare in Toscana questa tradizione, amata dai Medici e dai Lorena, è stato cinquant’anni fa Bianco Bianchi, un artista che gli oggetti in scagliola li faceva ma li collezionava anche. Parte della sua collezione, la più importante al mondo con i suoi 130 pezzi dal XVII al XIX secolo, è visibile nella mostra Alchimie di colori. L’arte della scagliola, promossa dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e dall’Osservatorio dei Mestieri d’Arte e allestita dal 18 ottobre al 6 gennaio allo Spazio mostre dell’Ente in via Bufalini: trenta esemplari antichi e moderni, tra tavoli, cornici, mobili, paliotti d’altare, inginocchiatoi, e quadri con scorci di paesaggio. E la possibilità, su prenotazione, di visite guidate per imparare l’arte della lavorazione della scagliola (info: 055 5384964). Nell’esposizione, nell’ambito di Florens 2012, anche due opere di Bianchi: per ammirare le altre bisognerebbe andare a casa di Carlo d’Inghilterra, della famiglia Agnelli, dei Versace, dei Duchi di Kent, del sultano del Brunei o di De Balkany, che le hanno scelte per le proprie abitazioni. Bianco Bianchi lavorava come impiegato al ministero della Difesa ma la sua passione era la pittura. S’innamorò dell’arte della scagliola e volle riportarla in vita. «Iniziò a fare esperimenti sul tavolo della cucina» ricorda il figlio Alessandro. Di lui si accorse il figlio di Prezzolini che fece conoscere la sua maestria negli Stati Uniti e in tutta Italia. Licenziatosi Bianco si dedicò esclusivamente alla scagliola, realizzando capolavori nella bottega di Pontassieve. Dalla sua morte, nel 2006, la tradizione è portata avanti dai figli Alessandro ed Elisabetta, nel laboratorio di Pontassieve e nello show room di via Maggio a Firenze. «È un’arte difficile, ci vuole tanta pazienza» confessa Elisabetta. La pietra di luna si ottiene da un minerale, la selenite (che allo stato puro si presenta sotto forma di scaglie). Dopo essere stato cotto e macinato in povere, viene mescolato con terre colorate, colle animali e pigmenti naturali. Il disegno originale viene riportato su una lastra di marmo o di scagliola, viene tracciato o intagliato con uno scalpello e gli intagli riempiti con l’impasto.
«Il procedimento viene ripetuto più volte prima di ottenere le giuste tonalità», spiega Elisabetta. Quando gli impasti sono induriti il disegno viene spianato con acqua e pietra pomice di nuovo graffito con il bulino, eventualmente ritoccato col pennello e lucidato con cera e lacca. «La famiglia Bianchi – osserva Giampiero Maracchi, presidente dell’OmA – ha saputo tramandare l’arte della lavorazione della scagliola e trasferire questo sapere nel mondo divenendo la più importante bottega specializzata a Firenze in questa antica lavorazione». Opere di Bianco Bianchi (la collezione intera è visibile solo ad addetti ai lavori, ma in futuro potrebbe avere una collocazione aperta al pubblico) sono esposte anche all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e da oggi nel Municipio di Pontassieve.
Data recensione: 17/10/2012
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Ivana Zuliani