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Pubblicato un repertorio delle «robbiane», le terrecotte invetriate custodite nel Museo del Bargello a Firenze

Pubblicato un repertorio delle «robbiane», le terrecotte invetriate custodite nel Museo del Bargello a Firenze

Archipendolo, scure, mazzuolo, cazzuola. Sono gli emblemi dell’arte dei maestri di pietra e legname, gli strumenti della corporazione, e sono loro a dare il nome alla Madonna col Bambino, detta Madonna degli architetti, capolavoro del 1475 di Andrea della Robbia, conservato al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, che ospita la più importante collezione di terrecotte invetriate d’Italia. È proprio a questo inestimabile tesoro che è dedicato il volume La raccolta delle robbiane (Firenze, Polistampa, 2012, pagine 287, euro 45), curato da due delle massime esperte del settore, entrambe vicedirettrici del museo, Beatrice Paolozzi Strozzi e Ilaria Ciseri. Un lavoro che si concentra esclusivamente sulle terrecotte invetriate – uno dei prodotti tipici del Rinascimento fiorentino – esaminate con cura certosina, documentata e puntuale: il volume infatti contiene otto biografie di artisti e le schede tecniche di 97 opere, accompagnate dalle fotografie che permettono di cogliere la bellezza di queste opere nei più piccoli dettagli, nei colori e nelle forme.
Scorrendo le biografie degli otto artisti presentati, saltano agli occhi i nomi delle due grandi famiglie che nel Quattrocento e nel Cinquecento, a Firenze, si distinsero nella produzione di terrecotte invetriate: i Buglioni e i della Robbia. Questi ultimi furono una vera e propria dinastia, così rinomata e raffinata nel lavoro che quando ci si riferisce a questo tipo d manufatti si parla semplicemente di «robbiane». «Simboli per antonomasia – scrive nella Premessa al volume la sovrintendente Cristina Acidini – dell’espressione artistica e dell’ingegno versatile diffusi entrambi nella Firenze del Quattrocento e del Cinquecento, le terrecotte invetriate della numerosa dinastia dei della Robbia e della più contenuta famiglia dei Buglione hanno sfidato i secoli, al chiuso come all’aperto, mantenendo lo splendore di quella “formula” unica, in cui il volume del rilievo modellato si veste di vivida policromia e intercetta la luce nei riflessi vetrini della superficie». Nel Museo del Bargello la loro raccolta, impressionante per quantità e qualità, abbraccia tutta la casistica della loro produzione, dalla destinazione pubblica a quella privata, dai soggetti sacri a quelli profani.
Il primo nucleo del Museo Nazionale del Bargello, o semplicemente il Bargello, risale al 1255. Oggi è parte del Polo Museale Fiorentino, assieme – tra le altre istituzioni – a due simboli della Firenze artistica: la Galleria degli Uffizi e Palazzo Pitti. Conosciuto in tutto il mondo anche per il fatto di ospitare il celeberrimo David bronzeo di Donatello, capolavoro di uno dei tre maestri (insieme a Brunelleschi e Masaccio) che diede il via alla stagione artistico-culturale del Rinascimento, è sede di una delle più importanti collezioni a livello internazionale di sculture e arti minori, non soltanto terrecotte invetriate. Chi non potesse recarsi di persona a Firenze per ammirare tanta bellezza, può ora dilettarsi sfogliando La raccolta delle robbiane e restando colpiti dalla perfezione dei lavori dei della Robbia e dei Buglioni, dall’armonia e dalla plasticità delle forme, dalla cura dei dettagli, dalla forza dei colori.
Si deve a Luca della Robbia (1399/1400 - 1482) l’invenzione della tecnica della terracotta invetriata. È lui il capostipite ed è dalla sua bottega in via Guelfa che la dinastia ha preso piede. Ma sarà il figlio di suo fratello Marco (1385- 1448) a rendere poi famoso in tutto il mondo il cognome di famiglia, Andrea della Robbia (1435-1525). Una vita lunga e prolifica quella di quest’ultimo: novant’anni e decine di capolavori. Tra questi spicca la Madonna degli architetti, ma non solo: ricordiamo anche la Madonna dei gigli, realizzata dalla sua bottega verso il 1486, e la Madonna del cuscino, che Andrea crea attorno al 1495 assieme al figlio Giovanni (1469-1529/1530). Con lui la tradizione continua sotto il segno di un maggior utilizzo del colore, come testimoniato dalla grandiosa pala del 1521 raffigurante la Natività o dalle due lunette dello stesso anno con la Deposizione di Cristo nel sepolcro e l’Annunciazione.
Tanto colore si ritrova anche nello stile di Benedetto Buglioni (1459/1460-1521) e del nipote Santi Buglioni (1494-1576). Del primo da segnalare la lunetta con Cristo e la Samaritana al pozzo, realizzata tra il 1510 e il 1520, e la pala con Madonna col Bambino tra i Santi Sebastiano e Antonio Abate, del 1515-1520, ma con integrazioni moderne poiché giunse frammentata al Bargello nel 1906. Santi Buglioni invece è presente nella collezione, tra i suoi vari lavori, con due splendide versioni del Noli me tangere, una del 1520-1525 e una di circa dieci anni dopo, del 1530-1540.
Il volume non è solo un omaggio a una collezione che non ha eguali in Italia, ma è anche il punto di partenza per una nuova fase del Bargello. «L’attuale gestione del museo – scrive Giancarlo Gentilini, dell’università di Perugia – che ha impresso una dimensione dinamica e contemporanea, ha favorito ulteriori acquisizioni, tra le quali un’imponente Pietà di Andrea della Robbia (non invetriata e quindi esclusa dal presente catalogo), e condotto un’oculata campagna di restauri, restituendo una migliore e più corretta leggibilità a opere capitali di questa eccezionale, indimenticabile raccolta: come la lunetta di via dell’Agnolo di Luca della Robbia o il Noli me tangere di Giovan Francesco Rustici».
Data recensione: 29/08/2012
Testata Giornalistica: L’Osservatore romano
Autore: Simona Verrazzo