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Io sono un povero diavolo che scrive come sente. Lei forse vorrà ascoltare. Io sono quel tipo che le fui presentato dal signor Soffici all’esposizione futurista come uno spostato, un tale che a tratti scrive delle cose buone.

Scattata all’Acqua Cheta nel gennaio del 1912: è la quinta esistente del poeta adulto

Io sono un povero diavolo che scrive come sente. Lei forse vorrà ascoltare. Io sono quel tipo che le fui presentato dal signor Soffici all’esposizione futurista come uno spostato, un tale che a tratti scrive delle cose buone. Poche, semplici parole. Per presentarsi e raccomandarsi. Parole di un uomo di campagna che però (o forse proprio per quello) fu anche poeta. Dino Campana: per inciso quelle parole erano il testo di una cartolina postale che il poeta inviò a Giuseppe Prezzolini da Marradi, il 6 gennaio 1914. Così, non poteva intitolarsi che Lettere di un povero diavolo il carteggio completo, l’opera omnia delle lettere scritte e ricevute da Campana tra il 1903 e il 1931 (con altre testimonianze epistolari tra il 1903 e il 1998), curato da Gabriel Cacho Millet, e pubblicato adesso a Firenze da Polistampa. Impresa non nuova per l’autore, che già nel 1978 aveva pubblicato (quella volta con il compianto Vanni Scheiwiller) un “primo carteggio del poeta di Marradi con gli uomini del suo tempo” dal titolo Le mie lettere sono fatte per essere bruciate. E tra le quasi cinquecento pagine , un’opera monumentale messa in commercio a 30 euro, spuntano anche una serie di inediti. Lettere ( da Sibilla Aleramo, ovviamente, a Prezzolini, da Papini a Soffici e Cardarelli: tutti nomi che hanno fatto la cultura del Novecento), ma soprattutto un’immagine. La quinta foto conosciuta di Dino Campana adulto. Immagine di un giovane di ventisette anni, in una giornata tranquilla con gli amici: in montagna, al Muraglione, davanti alla cascata dell’Acquacheta gelata, perché era gennaio, il 3. La foto ritrae, con Campana, don Francesco Bosi, l’avvocato Giacomo Mazzotti, Lamberto Caffarelli, Diego Babini, e don Stefano Bosi. Gruppo di aficionados, evidentemente: ce n’è un’altra, al Falterona, dello stesso periodo. Giorni sereni, per Campana: forse gli ultimi, prima dei Canti orfici, dei battibecchi con gli ambienti culturali fiorentini, della relazione tumultuosa con Sibilla Aleramo. Del manicomio, lungo tunnel prima della fine.
Data recensione: 10/12/2011
Testata Giornalistica: QN - Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno
Autore: Paolo Pellegrini