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Ombre benevole, personaggi singolari, da leggenda, sembrano aggirarsi, invisibili, mentre si visita la mostra nelle splendide sale del Palazzo Medici Riccardi Le stanze dei tesori. Meraviglie dei collezionisti nei musei di

Ombre benevole, personaggi singolari, da leggenda, sembrano aggirarsi, invisibili, mentre si visita la mostra nelle splendide sale del Palazzo Medici Riccardi Le stanze dei tesori. Meraviglie dei collezionisti nei musei di Firenze. Così si intitola una specie di gran campionario di lusso offerto, per iniziativa della Cassa di Risparmio di Firenze, assieme al Polo Museale e ad altri enti pubblici. Campionario, si è detto, perché qui sono raccolti esempi, preziosi e suggestivi, dei tesori da ammirare e godere in alcuni tra i singolari «piccoli musei» che impreziosiscono Firenze. E la rievocazione dei creatori dei musei appare così suggestiva da farti sentire presenti i leggendari collezionisti. Questa città è ricca come poche altre di raccolte preziose, seducenti, realizzate con passionale slancio da personaggi singolari capaci di mettersi sulle tracce di leggendari collezionisti, da Lorenzo il Magnifico in là, tanto da realizzare a ogni costo i loro personali musei. Sono loro, dunque, che ti appaiono nell’ombra. Nella mostra si rievocano, per cura di Lucia Mannini e Carlo Sisi, il valore, la bellezza, la suggestione dei più noti tra i «piccoli musei» (che a loro volta offrono contemporaneamente mostre tematiche) con un’esplosione ricca di dettagli di alcuni dei capolavori provenienti da questi piccoli scrigni cittadini. E dietro le opere, tutto il fascino dei personaggi, gentiluomini italiani e stranieri, antiquari, intellettuali, capaci di impazzire, quasi, per conquistare quel dipinto, quella cultura. Le ombre benevole, appunto, dei signori Herbert Percy Horne, Frederick Stibbert, Charles Loeser, degli Acton, e dei grandiosi dirompenti antiquari Stefano Bardini ed Elia Volpi, tutte persone che, in epoca non lontana, soprattutto nel tardo Ottocento pieno di ottimistica vitalità, si battevano senza tregua per dare completo valore alle proprie collezioni. C’è dunque l’intenzione di far presente a tutti, turisti in primo piano, quale miniera d’arte ci sia a Firenze oltre agli Uffizi, Pitti, la Galleria dell’Accademia e il Bargello. Mentre i fiorentini amanti del bello hanno, in genere, le proprie passioni, per questo o quel museo, questa o quella sacrestia. C’è chi ama in particolare gli affreschi, le scale, gli arredi originali, i balconi dell’autentica trecentesca Casa Davanzati, chi muore d’amore per armature e porcellane dello Stibbert, chi nell’ombra di Palazzo Horne si immerge nella passione di Herbert Horne per ogni pittura Quattro-Cinquecentesca, chi si ricrea nell’abbraccio grandioso del museo creato dall’inesauribile, sfarzoso antiquario Stefano Bardini. Ma per risvegliare eventuali sopiti interessi, la mostra di Palazzo Medici Riccardi ricorre a vari tipi di richiamo. Ricorda per esempio, con efficacia, come al Museo Bardini sia oggi apprezzabile, dopo dodici anni di restauri, il crocifisso dipinto da Bernardo Daddi attorno al 1340, un pezzo grandioso, 4,76 metri per 4,20, paragonabile per qualità e imponenza al famoso Cristo di Cimabue offeso in Santa Croce dall’alluvione del 1966. Il Bardini lo conquistò attorno al 1866 non si sa come e oggi è finalmente in gloria. E intanto scopriamo come nell’occasione, siano esposti al Museo Horne 29 disegni, ritratti e autoritratti, di Raffaello, Bernini, Tintoretto, Parmigianino, Dürer e Constable, scelti da Elisabetta Nardinocchi e Matilde Casati, in segno d’amore per il grande collezionista. E ancora: al Museo Stibbert sono adesso in esposizione, oltre cento capolavori di maiolica delle celebri manifatture Ginori e Cantagallo, raccolte da Oliva Rucellai e Livia Frescobaldi, grazie ad attenta osservazione delle raccolte internazionali. Non a caso il direttore degli Uffizi, Antonio Natali, commenta «La nostra Galleria gode di ammirazione mondiale. Reputo importante che riverberi sui luoghi minori, di poetica rara bellezza, un po’ della sua capacità d’attrarre».
Data recensione: 20/10/2011
Testata Giornalistica: Corriere della Sera
Autore: Wanda Lattes Nirenstein