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Ogni volta entro nella Sala di lettura della Biblioteca Medicea Laurenziana mi fermo, più o meno a metà, quasi ipnotizzata dalla suggestione del luogo, in considerazione di quanto la civiltà moderna deve al custode delle fonti dirette della cultura greca

Ogni volta entro nella Sala di lettura della Biblioteca Medicea Laurenziana mi fermo, più o meno a metà, quasi ipnotizzata dalla suggestione del luogo, in considerazione di quanto la civiltà moderna deve al custode delle fonti dirette della cultura greca antica.
È accaduto puntualmente anche nei giorni scorsi per l’evento espositivo temporaneo realizzato dalla Laurenziana incentrato proprio sulla trasmissione del patrimonio della Grecia antica, dal nono al quindicesimo secolo, attraverso la civiltà bizantina e l’umanesimo fiorentino.
In parata tutti i “sacri classici greci”, vissuti tra il VII a.C. e il V d.C., insieme agli scrittori cristiani e ai padri della Chiesa, la Bibbia, in particolare i libri del Nuovo Testamento, i cui testi più antichi sono in greco. 
Opere straordinarie tramandate attraverso copie realizzate nella parte orientale dell’Impero Romano dove il greco era la lingua comunemente usata e Bisanzio (greco: Βυζάντιον, Byzàntion, latino: Byzantium, l’odierna Istanbul rifondata dell’imperatore romano Costantino con il nome di Nuova Roma-Costantinopoli) si affermò come centro politico e culturale dell’Oriente per circa un millennio e vi fiorirono studi e commenti letterari eccezionali (Fozio, Niceta ed Eustazio).
Dopo la caduta del 29 maggio 1453, maestri bizantini vennero in Italia per insegnare il greco agli esponenti dell’umanesimo, ma già nel 1439 era a Firenze una delegazione bizantina, per discutere l’unione tra la Chiesa ortodossa e quella cattolica, portando i testi dei Padri della Chiesa per le sedute conciliari (nelle discussioni fu utilizzato anche il manoscritto con le opere del patriarca Atanasio, numero 33 in mostra).
Se nel corso del quindicesimo secolo studiosi bizantini, come Demetrio Damila e Teodoro Gaza, trascrivono su commissione codici che sono poi decorati nelle botteghe di celebri miniatori, la famiglia Medici ha la felice intuizione – nei secoli divenuta ruolo essenziale – di far arrivare a corte i libri dall’Oriente. Compravano tutto quanto fosse sul mercato e inviavano direttamente sui luoghi chi copiasse i testi inamovibili. Fra questi alcuni andati irrimediabilmente perduti e le copie della Laurenziana restano gli unici esemplari esistenti.
Curata dal prof. Massimo Bernabò (i corsivi sono i suoi, come sono sempre suoi molti dettagli spiegatimi diffusamente durante una lunga visita guidata gentilmente concessa) ecco un’altra mostra fiorentina che da sola vale il viaggio. Articolata in tre sezioni dove, nella prima, un’antologia di testi degli autori greci che furono salvati dagli umanisti bizantini grazie agli studi e all’attività libraria svoltasi soprattutto durante il periodo conosciuto come Rinascenza Macedone, un periodo di rinascita della cultura classica che prende avvio nel secolo IX e trae nome dalla dinastia imperiale al potere. Questi manoscritti furono acquistati o giunsero come doni in Italia, e in particolare a Firenze, specialmente nel secolo XV. I membri della famiglia Medici furono i mecenati che più si adoperarono nel loro salvataggio. 
Una seconda sezione decisamente più spettacolare esteticamente presenta l’arte bizantina dal IX secolo al XIV attraverso le miniature dei manoscritti della Laurenziana, quasi tutti del Vecchio e del Nuovo Testamento. 
La terza sezione è dedicata alle edizioni di testi greci che gli umanisti fiorentini e i loro patroni produssero durante il Rinascimento. Umanesimo bizantino e umanesimo fiorentino possono così essere letti come nascita del secondo dal primo per quanto attiene alla letteratura dei Greci. L’importanza di questo duplice salvataggio della letteratura greca potrebbe essere sintetizzato con la semplice, approssimativa frase, che se Bisanzio prima e Firenze in seguito non avessero compiuto questa opera, avremmo un numero così inferiore di testi da domandarsi se e quale spazio avrebbe avuto l’insegnamento del greco nel nostro sistema educativo.
Curatissimi progetto espositivo, apparati didattici e multimediali di supporto alla mostra che si avvale anche di un’efficace selezione musicale.
Edito da Posistampa, strumento indispensabile per una capillare visita, il catalogo, anche questo curato da Massimo Bernabò il cui saggio introduttivo dettaglia fortuna o sfortuna critica della civiltà bizantina negli studi e nell’immaginario.
Inoltre, dieci capitoli, redatti da specialisti di università italiane e straniere organizzati per generi letterari, riassumono la produzione poetica, storiografica, filosofica, retorica, militare, agronomica, medica e astronomica, concentrandosi sui secoli IX-XI, che testimoniano salvataggio e trascrizione in nuove edizioni della letteratura greca antica da parte dei filologi bizantini. 
Seguono due capitoli sulla produzione di manoscritti minati dell’Antico e del Nuovo Testamento. Infine le schede specialistiche su ciascuno dei 42 codici esposti.  
Data recensione: 15/03/2011
Testata Giornalistica: Arte e Arti
Autore: Cinzia Colzi