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Alcune celebri già in vita , come Rosalba Carriera o Angelica Kauffmann, fra i fondatori a Londra della Royal Academy, altre conosciute dalle fonti, ma il corpus pittorico è esiguo, fagocitato da padri, maestri, fratelli, come la Tintoretta

Da Tintoretto a Vanessa Beecroft. Ottanta donne si raccontano così. Con le tele i colori e gli autoscatti

Alcune celebri già in vita, come Rosalba Carriera o Angelica Kauffmann, fra i fondatori a Londra della Royal Academy, altre conosciute dalle fonti, ma il corpus pittorico è esiguo, fagocitato da padri, maestri, fratelli, come la Tintoretta, amatissima figlia del possessivo padre Jacopo che ne stroncò la brillante carriera dandola in sposa ad un argentiere non meno geloso. C’è chi, grazie alle indagini propedeutiche alla mostra, ha trovato un’identità – è il caso dell’autoritratto di Maria Hadfield Cosway – e chi ancora cerca un nome, come le tre ignote artiste seicentesche.
Sono ottanta, tutte al femminile, le protagoniste dell’appuntamento 2010 con «I mai visti», il regalo che ormai da dieci anni la Galleria degli Uffizi (l’ingresso è gratuito) offre a fiorentini e turisti in occasione delle feste. Valorizzando materiale abitualmente non esposto da quel vero pozzo di San Patrizio delle proprie collezioni, nel caso specifico quella degli autoritratti. Fino al 30 gennaio, alle Reali Poste, Autoritratte. Artiste di capriccio e destrissimo ingegno propone un centinaio fra autoritratti, studi, oggetti, foto per un viaggio nella creatività di artiste donne, dal Cinquecento ai giorni nostri. Nel titolo una citazione dalle Vite vasariane, più precisamente dalla vita della scultrice bolognese Properzia de’ Rossi, unica donna a cui Vasari dedica una biografia. «La mostra ha un ordinamento cronologico – ci racconta la curatrice Giovanna Giusti – e inizia proprio con Properzia di cui, anziché un autoritratto, esponiamo un ritratto da una serie di miniature settecentesche derivate dall’incisione di Cristoforo Coriolano per la seconda edizione delle Vite. Di lei il Museo degli Argentiniconservaun gioiello strepitoso, un nocciolo di ciliegia con più di cento testine intagliate, vero capolavoro di virtuosismo». Una di quelle opere per cui Vasari si sbilancia, arrivando a scrivere: «Le donne non si sono vergognate, quasi per toglierci il vanto della superiorità, dimettersi con le tenere e bianchissime mani, nelle cose mecaniche e fra la ruvidezza de’ marmi e l’asprezza del ferro, per conseguir il desiderio loro e riportarsene fama». Tanto che le capacità di Properzia arrivano a far invidia ai rappresentanti del cosiddetto sesso forte, testimonia ancora il Vasari. I Medici, da quei collezionisti bulimici quali erano, non si fanno sfuggire il filone «donne artiste».
Le più conosciute fra Cinque e Settecento sono presenti nella collezione di autoritratti. Eva dato merito al cardinal Leopoldo di arricchire la raccolta di alcune fra le più celebri maestre di pennello; se il prezioso olio in scatolino di noce col volto di Sofonisba Anguissola è più legato alla passione per le miniature, per la nuova collezione di ritratti dei pittori arriva, nel 1674, l’autoritratto di Lavinia Fontana e l’anno dopo quella della Tintoretta. Resta il dubbio se ciò sia più dovuto al riconoscimento del valore artistico o al gusto secentesco per la «bizzaria», categoria a cui la donna artista più o meno ascritta. «Difficile rispondere – riflette la Giusti – ma propenderei più per la “stravaganza”. Fra l’altro sono pochissime le artiste che riescono ad affrancarsi da generi cosiddetti femminili, per arrivare a soggetti storici, da uomini, come nel caso di Artemisia Gentileschi». Certo leggendo determinati giudizi vien da pensare che per l’altra metà del cielo poca acqua è passata sotto i ponti. Vasari non si trattiene dal farci conoscere quanto era «del corpo bellissima» la de’ Rossi, mentre la povera Giulia Lama, quando già la possibilità di un vero professionismo, a prezzo di sacrifici totali, si andava lentamente facendo strada in campo internazionale, s becca frasette tipo «è vero che essa ha tanta bruttezza quanto spirito, ma parla con grazia e finezza, così le si perdona facilmente il suo viso». Una mostra dove al dato storico-artistico si intreccia quello storico e sociologico, per tacer dell’elemento primo, ritratto e autoritratto, materia principe per donne spesso impossibilitate ad accedere ad altri soggetti (e modelli). Riflette in catalogo Natali: «La poesia – sia essa di parola, di figura o d’invenzione – non può prescindere dalla libertà. Libertà d’esprimersi senza sentire sul collo il vento o anche soltanto l’alito dei pregiudizi. Libertà di essere (e non solo di sentire) paria qualsiasi altro compagno di viaggio». Tanto c’è ancora da far emergere, e tanto probabilmente non emergerà mai di molte sconosciute, isolate artiste. Il Novecento è il secolo della svolta, anche nel campo della libertà espressiva femminile. Mai numeri della collezione di autoritratti sembrano pur sempre quelli del parlamento italiano. Solo il 7 per cento delle oltre 1700 opere reca la firma di una donna. Nella sezione storica, quella esposta nel Corridoio vasariano, su 413, gli autoritratti di artiste sono 21. E i tempi più vicini? «Negli ultimi decenni sono stati due i momenti di importante arricchimento della collezione – ci raccontala Giusti – Nel 1981, in occasione del quarto centenario della costituzione della Galleria, l’allora direttore, Luciano Berti, fece arrivare più di 230 autoritratti di artisti, di cui 8 erano donne. Nel 2005 è stata acquistata la collezione Rezzonico; anche qui la sproporzione è enorme. Ho pensato così chela mostra potesse essere l’occasione giusta per tentare un pur parziale riequilibrio e ho invitato una serie di artista, italiane e internazionali, a donare il loro autoritratto agli Uffizi». Sono così arrivate una ventina di opere, tutte esposte in mostra, firmate da capisaldi del Novecento, come Carla Accardi e Giosetta Fioroni, o da protagoniste della scena contemporanea quali Vanessa Beecroft e Patti Smith. Un po’  stupisce che artiste importanti e storicizzate, vedi l’Accardi, non fossero già presenti, ma il sospetto di discriminazione sessista è ingeneroso, mancano pure alcuni fra i protagonisti maschili di quegli anni. A volte c’è una difficoltà con gli eredi, a volte, anche fra i viventi e non tutti accolgono l’invito.
Data recensione: 21/12/2010
Testata Giornalistica: Corriere fiorentino
Autore: Valeria Ronzani