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Gli scacchi sono stati visti come metafora della guerra, dell’eterna lotta del bene contro il male o della vita contro la morte. E muovendosi da una casella bianca a una nera, tra strategie di posizione e tattiche di conquista, si può arrivare a porsi dom

Un affascinante viaggio nel mondo degli scacchi, elevati da semplice gioco a filosofia di vita
Gli scacchi sono stati visti come metafora della guerra, dell’eterna lotta del bene contro il male o della vita contro la morte. E muovendosi da una casella bianca a una nera, tra strategie di posizione e tattiche di conquista, si può arrivare a porsi domande sulle radici del nostro essere, sull’amore, persino sull’origine dell’universo o su Dio. Lo spiega Giovanni Gualtieri, giovane ricercatore del CNR e appassionato di scacchi, in Stallo matto. La dialettica degli scacchi come metafora dell’umanità (ed. Polistampa, pp. 112, euro 12). Si parte da un cult come la partita contro la morte ne Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, dove, dietro l’angoscia del cavaliere Antonius Block, si celano le principali tematiche dell’esistenzialismo di Heidegger. Passando per le considerazioni su scacchi e libro arbitrio di Borges e per la filosofia di Kierkegaard, riflettendo su esistenza e fede, l’autore si accosta poi ai misteri dell’universo, al big bang e ai buchi neri, a quegli elementi che possono essere chiamati “singolarità”: eventi unici, difficili da spiegare attraverso le leggi della fisica. “Gli scacchi”, spiega Gualtieri, “sono stati visti come una rappresentazione dell’universo, associando i pezzi ai corpi celesti. E il Re, il pezzo più importante, è di per sé una ‘singolarità’: quando è condannato, la partita finisce, ma non viene mai effettivamente catturato”. Il Re dunque, fondamentale e allo stesso tempo intangibile e inconoscibile, proprio come il big bang, come Dio o l’amore. Tanto che lo scacco matto è in realtà uno “stallo matto”, un evento decisivo che pietrifica la partita in modo paradossale, una vittoria dove nessuno, di fatto, ha vinto.Il volume, oggi in libreria, spazia tra scienza e filosofia, matematica e religione in un percorso che, tra teorie note e spunti di riflessione originali, offre una visione nuova dell’umanità, partendo da uno dei giochi più antichi e celebrati della storia.
Data recensione: 02/12/2009
Testata Giornalistica: Artèpress
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