chiudi

Ve la ricordate la beffa delle “teste di Modigliani” venute su nel luglio del 1984 - nel pieno delle celebrazioni del centenario della nascita di Modì e con una mostra sul Modì scultore allestita nella livornese Villa Maria - al pari di fantastici, inatte

Tra gli scaffali. Due volumi ricostruiscono la famosa “balla spaziale” delle finte sculture attribuite a Modigliani
Ve la ricordate la beffa delle “teste di Modigliani” venute su nel luglio del 1984 - nel pieno delle celebrazioni del centenario della nascita di Modì e con una mostra sul Modì scultore allestita nella livornese Villa Maria - al pari di fantastici, inattesi fiori di pietra, dal fondo limaccioso del labronico Fosso Reale? Beh, la “balla” fu davvero “spaziale”. Buona parte della città, quando l’illusione del “Modigliani ritrovato” fu fatta a pezzi, avrebbe voluto sprofondare nel Fosso e restarci; i pisani, per dirla un po’ volgarmente, godettero come ricci di fronte alla figura penosa fatta dagli odiatissimi vicini che un giorno sì e uno no li spernacchiavano sul “Vernacoliere”; gli studenti che, indossando i panni dei boccacceschi Bruno e Buffalmacco, e mostrando doti artistiche non irrilevanti, avevano preso in giro sanguinosamente Calandrino-Livorno confezionando l’“elitropia” delle teste (ma c’era un altro falsario, Angelo Froglia, uno stravagante artista che aveva gettato nel Fosso un paio di “Modigliani” in pietra di sua produzione), apparvero come dei “ganzi”che se la ridono dei “gonzi”; e quanto agli “Zarathustra della critica”, che avevano sproloquiato con le loro certificazioni d.o.c., altro loro non rimase che andarsi a nascondere per qualche tempo negli anfratti delle accademie. Inebriato dalla fascinazone delle teste, così aveva parlato Cesare Brandi: «Sono di Modigliani. Hanno una luce interiore come una “veilleuse”. In quelle scabre pietre c’è l’annuncio, c’è la presenza». Anche Carlo Ludovico Ragghianti era un po’ partito per la tangente, tanto è vero che, in occasione della presentazione a Villa Maria del volume Due pietre ritrovate di Amedeo Modigliani, aveva sentenziato perturbato e commosso: «È stato ritrovato un manoscritto del giovane Leopardi». Già, un “manoscritto” curato e pubblicato in poco più di due settimane, dunque davvero a tambur battente. Il che, alla luce di quel che sarebbe accaduto dopo, fece scatenare i dietrologi nei più atroci sospetti. Quanto al menzognero catalogo, è diventato da tempo un pezzo raro, ma attraverso Internet se ne può trovare ancora qualche copia. Ma torniamo agli “ipse dixit” della critica togata. Dunque, Giulio Carlo Argan, Enzo Carli, Jean Lamarie, Luciano Berti, avevano anch’essi fornito solide patenti di autenticità. Col sostegno dei tecnici incaricati di fare le perizie chimiche e mineralogiche per stabilire l’età e la paternità delle pietre ripescate, il cui “placet”, sovraccarico di vocaboli specialistici, pareva non lasciare adito ai dubbi. A far da voci stonate ci furono Mario Spagnol, Carlo Pepi e Jeanne Modigliani, figlia di Dedo. Ma, si diceva, Jeanne ha un pessimo carattere e in quanto a “feeling” con gli organizzatori della Mostra - il critico d’arte Dario Durbé e la sorella Vera, prof. e fan di Dedo - siamo a zero. Ad ogni modo, la terribile vecchia, fiera custode delle memorie paterne, fece appena in tempo ad esprimere i suoi sospetti, esortando ad esaminare minuziosamente le opere e a fare analisi comparate, perché il 27 luglio (la mattina del 24 era stata pescata la prima testa, Modì 1, dopo le 16 era venuta fuori Modì 2), fu ritrovata agonizzante nel suo appartamento di Parigi. Era caduta dalle scale? Ce l’avevano buttata? A chi aveva pestato i piedi? Il mistero resta a tutt’oggi. Ieri, comunque, l’evento piombò tra teste e feste come un presagio sinistro. Ma i “fiori” tirati fuori dal fango, le sculture che un inquieto Dedo avrebbe buttato nei Fossi prima di partire per Parigi, erano talmente seducenti che il vindice spirito di Jeanne per un po’ fu esorcizzato. Solo per un po’ però... Adesso quel “cacciucco alla livornese”, con tutto il corredo di precedenti e conseguenze, fatti e misfatti, ipotesi e suggestioni ecc., viene servito in due saporitissimi piatti, “chef” la fiorentina Polistampa, con l’aggiunta di curiosità e rarità a mo’ di spezie: La beffa di Modigliani.Tra falsari veri e falsi di Giovanni Morandi (pp. 172, euro 8) e Alla ricerca di Modì. Angelo Froglia e la performance che mise in crisi la critica di Alice Barontini (pp. 108, euro 8). Bene, è giusto che ve lo gustiate tutto per intero, ingrediente su ingrediente. Noi saccheggiamo un po’ la cronologia compilata da Giovanni Morandi per fare un riassuntino. È il 17 luglio quando la draga, in ossequio alla leggenda delle teste buttate nel Fosso, entra in funzione e comincia a cercare. Il 19 Jeanne riceve tre telefonate e due lettere da Livorno che annunciano la beffa. Su una di queste compare il disegno di quella scultura che sarà chiamata Modì 1, la prima testa pescata nel Fosso il 24, e che si saprà poi essere stata scolpita dal “bello e dannato”, e già citato, Angelo Froglia (su di lui, nel libro della Barontini troverete di tutto e di più). Dunque, il 24 Modì 1 e Modì 2 (scolpita dagli studenti burloni) emergono dal fango. Il 27 muore misteriosamente Jeanne.
Il 9 agosto la draga è di nuovo in azione: salta fuori la terza testa, rivendicata poi dal Froglia. Il 2 settembre a Villa Maria, presentazione in pompa magna del catalogo sulle teste ritrovate. Gli studenti autori della beffa ne comprano una copia e si fanno fare la dedica da Vera Durbé, già immortalata in una foto in cui pare che abbracci, gaudiosa e commossa, Modì 1 e Modì 2 come se fossero suoi figlioli. Nel tardo pomeriggio le agenzie di stampa anticipano lo “scoop”di Panorama con la confessione dei ragazzi terribili che, il 10 settembre, si guadagnano la gloria di uno speciale Rai scolpendo per il pubblico dei teleutenti (con i pisani ghignanti) una copia di Modì 2 col trapano elettrico. Il 15, Froglia mostra il video che conferma la sua versione: anche lui è un autore, e ci tiene. Così, le teste vengono tolte dalla Mostra e messe sotto sequestro. E non crediate che sia finita...
Data recensione: 01/08/2010
Testata Giornalistica: Liberal
Autore: Mario Bernardi Guardi