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Siamo sicuri che il libro costituirà una piacevole sorpresa per gli amanti e gli studiosi della terra chiantigiana perché porta alla nostra conoscenza – oltre all’albero genealogico della famiglia Ricasoli fino al 1584

Siamo sicuri che il libro costituirà una piacevole sorpresa per gli amanti e gli studiosi della terra chiantigiana perché porta alla nostra conoscenza – oltre all’albero genealogico della famiglia Ricasoli fino al 1584 – le più antiche raffigurazioni di numerose località del Chianti (e del vicino Valdarno Superiore).
Ma procediamo per gradi. Nel castello di Brolio, che fu teatro ottocentesco delle “battaglie enologiche” del barone Bettino, è conservata una grande stampa di fine Cinquecento – finora inedita e di pregievole fattura – che per circa due terzi ricostruisce le generazioni dei Ricasoli per oltre cinquecento anni a partire dal leggendario capostipite Geremia (“Signore di Monte Grossoli”) che avrebbe al suo attivo anche la fondazione della Badia di Coltibuono. L’albero genealogico dei Ricasoli è concepito secondo l’iconografia tradizionale e sarebbe inutile cercarvi indicazioni naturalistiche; sul tronco e sui rami, disposti su più livelli, i numerosi medaglioni riportano i nomi degli esponenti della famiglia (sulla base delle ricerche di Scipione Ammirato) cui fanno compagnia figure di animali, quasi tutti uccelli, insieme ad altri elementi decorativi.
Il vero interesse della stampa sta però nel fatto che la stampa riproduce in basso un paesaggio con ben 42 località del Chianti e del Valdarno – quelle ove i Ricasoli avevano possedimenti e interessi, pur con qualche lacuna dalle parti di Radda – che elenchiamo di seguito:
a sinistra dell’albero: Castelnuovo dei Sabbioni, Cavriglia, Coltibuono, Gropina, Anciolina, Loro Ciuffenna, Mello, Moncioni, Montegonzi, Montegrossi (due insediamenti), Monteluco della Berardenga, Monterinaldi, Moriano, Ricasoli, Rocca Ricciarda, Trappola;
a destra dell’albero: Adine, Ama, Brolio, Cacchiano, Campi, Castagnoli, Gaiole, Meleto, Molin Nuovo (?), Monteluco a Lecchi, Panzano, Radda, Rietine, S. Leonino, S. Marcellino, S. Piero, S. Paolo, San Sano, Selvole, Sesta, Siena, Spaltenna, Stielle, Tornano,Vertine.
L’interesse del libro è ancora più evidente per il fatto che le AA. hanno riprodotto le singole località affiancando ad esse le redazioni definitive delle Mappe dei Capitani di Parte (quasi contemporanee) sì da consentire un confronto immediato fra i due disegni e raggiungendo poi l’aspetto dei nostri giorni. Una visione indubbiamente affascinante, che riserverà certamente qualche sorpresa, come si cerca di spiegare anche nell’Appendice 3 dove si chiariscono brevemente i criteri alla base della difformità delle due rappresentazioni originate evidentemente dalle diverse finalità dei due lavori.
Chiudiamo queste note ricordando il nome dei due incisori che furono i monaci vallombrosani Vito Falcini (detto anche più comunemente Vito da Vallombrosa) e Epifanio d’Alfiano (al secolo Sebastiano Parrini), maestri eccelsi nell’arte del disegno e dell’incisione, forse addirittura esponenti di spicco di una scuola che si sarebbe sviluppata nell’abbazia a partire dal sec. XVI.
Data recensione: 06/07/2010
Testata Giornalistica: Corrispondenza
Autore: Silvano Sassolini