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Lo zaino di Tito Barbini è ancora sporco per il lungo viaggio nella Terra del Fuoco e in Patagonia mentre i taccuini sono colmi di appunti sulla vita di un prete salesiano, Alberto Maria De Agostini, missionario in quelle terre, inizi del Novecento.

«Fui trombato e mi misi a viaggiare». E le sue esplorazioni sono diventate libri di successo Lo zaino di Tito Barbini è ancora sporco per il lungo viaggio nella Terra del Fuoco e in Patagonia mentre i taccuini sono colmi di appunti sulla vita di un prete salesiano, Alberto Maria De Agostini, missionario in quelle terre, inizi del Novecento. Fratello minore del De Agostini dell’omonima casa editrice, padre Alberto è stato cartografo, grande esploratore, e in quarantamila fotografie ha documentato la sparizione degli indios. La vita di questo straordinario missionario e il suo viaggio nella terra degli indios saranno i temi del prossimo libro di Barbini, 65 anni, ex sindaco di Cortona e assessore regionale fino al 2005. Sarà il suo quinto libro. Nati tutti dai suoi viaggi nel mondo. E che stanno riscuotendo un sorprendente successo. Dal primo Le nuvole non chiedono permesso al più recente I giorni del riso e della pioggia, un viaggio dal delta del Mekong alle sorgenti del Tibet, uscito ai primi di febbraio (vedi riquadro a parte). Da politico a viaggiatore. «Fui trombato e mi misi a viaggiare». Libri di successo. E istruttivi. Soprattutto per i politici sull’orlo di una crisi di nervi sul loro futuro. Che temono di perdere la poltrona. Di non fare passi avanti in carriera. Di essere trombati. Questi libri di Barbini sui suoi viaggi possono aiutarli a superare la disperazione e la rabbia. Sì, perché anche Barbini, sindaco di Cortona a 24 anni, poi presidente della Provincia di Arezzo, assessore regionale, nel 2004 poteva diventare sindaco della sua città o conquistare uno scranno da senatore. Ma il partito, i Ds, lo liquidarono. «Subii un grave torto. Avevo vinto le primarie per candidarmi a sindaco di Arezzo ma il gruppo dirigente di allora scelse un altro candidato. Perdemmo le elezioni e io presi uno zaino e affrontai un viaggio straordinario. Dalla Patagonia all’Alaska, tre mesi a piedi e in corriera. Avevo quasi sessant’anni ma portavo un bagaglio leggero. In quel viaggio nacque la voglia di scrivere, di raccontarmi, di lasciare tutti i rancori alle spalle. Mantenere intatta la passione politica ma abbandonare definitivamente qualsiasi incarico politico». Bufalo Bill. Diceva Proust che il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. Nel suo ultimo libro Barbini cita Bufalo Bill, una canzone di De Gregori. Spiega: «Un politico di professione è come una locomotiva. Almeno per chi è cresciuto nella rossa Toscana. Un binario “segnato” come una locomotiva, su un futuro ragionevolmente sicuro». La militanza nel gruppo giovanile, nel movimento degli studenti, l’incarico in qualche sezione o circolo, l’elezione a sindaco, a presidente della Provincia, assessore regionale. «La mia storia è come una locomotiva lanciata. Solo che dopo quindici anni ai vertici regionali mi sono fermato e come il bufalo di De Gregori ho scartato di lato. Ho lasciato tutto (definitivamente) e sono partito. Quello che mi viene da dire è che la locomotiva diventata bufalo si è liberata di quanto c’era di astratto nella sua esperienza. Si è spogliata di tante certezze costruite più sui ruoli che sulla capacità di guardare i fatti per quello che sono», racconta Barbini. Zaino e computer. Per questo nei suoi viaggi l’ex assessore regionale sceglie l’essenziale. Nel suo zaino mette pochissime cose: qualche maglietta, un paio di pantaloni con le tasche laterali, mutande, calzini e un paio di sandali, una pila e un coltello multiuso con annesso cucchiaio e forchetta e qualche libro. Oltre allo zaino Barbini si porta anche il portatile per scrivere i suoi appunti e la macchina fotografica. Ai suoi viaggi Barbini dedica mesi interi. «Migliaia di chilometri lentamente, a piedi in treno o in corriera. Sempre con i mezzi pubblici. Provo sempre a scansare gli alberghi per i turisti e preferisco sistemazioni tradizionali o piccole pensioncine familiari, dalla pulizia incerta e con i bagni alla turca, più adatti però a incontrare gente del posto o, al massimo, qualche altro viaggiatore. Ho bisogno, per scrivere, di incontrare costumi diversi, di parole che non sempre capisco, di percezioni di genuinità e di distanza. Incontrare l’altro, il diverso da me. E questo posso farlo viaggiando da solo. Bisogna essere soli per calarsi davvero nella realtà di un posto e incontrarsi con tutto quello che non si conosce, lasciandosi guidare dal caso». Gli incontri più belli. Gli incontri più belli? Le Madri Di Plaza De Mayo, Natalio, il giovane zappatore di sale del deserto boliviano che ho messo nella copertina del mio primo libro, Bernardo il vecchio baleniere ora in pensione dell’isola di Chiloè, Il monaco tibetano del Monastero di Lhasa, Han, il vecchio combattente vietnamita che ho incontrato a Saigon, era il giovane soldato nel primo carro che entrò a Saigon il giorno della liberazione. E tanti altri che racconto nei miei libri. Dal suo primo viaggio in Urss, nel 1964, con l’infatuazione per il mito del socialismo sovietico ad oggi molte cose sono cambiate nella vita dell’ex comunista. Che nel suo album dei ricordi ha le foto che lo ritraggono con Berlinguer, Arafat, Gorbaciov e Mitterand. Cosa rimane dei 40 anni dedicati alla politica? «Mi pare che restino in piedi solo un pugno di amicizie autentiche. Per il resto poco o niente, se non il senso di una bella utopia svanita e senz’altro tradita, lo spreco di tante energie e tante speranze, il naufragio di un senso di appartenenza collettiva, la trasformazione, quasi antropologica, di parecchie persone che oggi riscontro intrise di tali e tanti opportunismi che ne riesce corroso un livello minimo di lealtà e dignità. Non rinnego niente della mia esperienza politica e i rimpianti non sono per una ideologia che non c’è più ma per un partito, il Pd, che però non è quello che volevo. Ma resta intatta la passione per la politica». Il resto sono viaggi, l’amore per una nuova donna, i libri, le amicizie. Occhi nuovi anche per guardare alla politica...
Data recensione: 15/02/2010
Testata Giornalistica: Il Tirreno
Autore: Mario Lancisi