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Continua con successo presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Arezzo la Mostra “SENSIBILI ENERGIE”, inaugurata il 18 dicembre scorso e visitabile fino al 28 febbraio prossimo. Curata egregiamente da Giovanna Uzzani e Alberto Salvatori

Continua con successo presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Arezzo la Mostra “SENSIBILI ENERGIE”, inaugurata il 18 dicembre scorso e visitabile fino al 28 febbraio prossimo. Curata egregiamente da Giovanna Uzzani e Alberto Salvatori, l’esposizione aretina è carica di suggestioni e spunti riflessivi sul tema dell’energia, intesa come luce, movimento, calore, forza creativa e dunque pensiero. Un tema affascinante che ha stimolato il dibattito culturale e le ricerche artistiche dell’ultimo secolo in particolare, dando luogo ad esiti espressivi  diversificati e originali, in questa sede espositiva riuniti grazie alle risorse messe a disposizione dall’Assessorato alla Cultura del Comune e dall’azienda Coingas.  Giustamente Carlo Sisi ha sottolineato, nella Conferenza stampa di presentazione, l’ampiezza e lungimiranza di vedute dei committenti, che hanno permesso di allestire un evento che non solo ripercorre le tappe storiche dei decenni sessanta e settanta, ma consente di ‘agire’ nel presente, dando spazio alle più recenti reinterpretazioni del  complesso, e per certi aspetti ancora misterioso e ambivalente, rapporto uomo-energia.
Questa varietà di possibili declinazioni da ragione del titolo al plurale della mostra e dell’apparente ossimoro tra l’aggettivo ‘sensibile’ – e il termine ‘energia’. In realtà esso appare appropriato se pensiamo a quanto delicato e importante è l’uso e la gestione delle fonti energetiche in rapporto a noi stessi e all’ambiente : su questo aspetto vogliono riportare l’attenzione ogni opera ed artista coinvolti, a loro volta coinvolgenti lo spettatore che si avventuri per le sale dei due piani della Galleria aretina, posta a fianco della basilica che racchiude il Ciclo della Vera Croce,  capolavoro di Piero della Francesca, pittore della ‘luce’ per eccellenza.
Il primo piano ospita opere che ripercorrono gli scenari innovativi dell’arte postbellica, sospesa tra neorealismo e informale, tra sperimentalismo e trasgressione, tra design e tecnologia: la ‘new generation’ destrutturante  magistralmente rievocata nei suoi luoghi e protagonisti  da Giovanna Uzzani nel raffinato catalogo della Mostra (Polistampa, 2009) e ben rappresentata dalle opere “Achrome” di Piero Manzoni, “Viola rosa” di Carla Accardi, “Strutturazioni ritmiche” di Gianni Colombo, fino al coloratissimo ambiente che ripropone la mostra  “Superarchitettura” del dicembre 1966, ad un mese dalla grigia alluvione fangosa che colpì  Firenze, quasi un‘esuberante esplosione di energia in positivo contro il degrado urbano imposto dall’energia bizzarra del fiume. Una barriera contro le scorie mentali che alterano e spesso vanificano la nostra immaginazione è invece la videoinstallazione di Studio Azzurro “Il giardino delle cose” : nel buio mani sfregano oggetti e il loro calore fa partorire dallo schermo immagini che svaniscono se non più toccate. Un’evidente allusione al valore maieutico dell’artista che crea la forma dal buio con l’energia del gesto e del pensiero.
Già pervaso da nuove emozioni, il visitatore-spettatore sale al piano superiore, che ospita gli artisti più giovani, e resta letteralmente affascinato da “Food Islands”, un sistema di ‘isole’ interconnesse alimentato dalle acque piovane e che narra il ciclo di crescita e trasformazione della materia da inorganica a organica e viceversa: tronchi, piante, tubazioni trasparenti sospesi nell’aria e che guardiamo con la testa in su, come camminando sotto la  superficie terrestre, ammirando un perfetto ecosistema. L’istallazione, ideata e realizzata da Raffaella Spagna e Andrea Caretto è un vero e proprio ‘viaggio al centro della terra’ e, come ben  spiega Roberto Salvatori nel Catalogo, ci introduce ai misteri della vita e dell’energia che circola dentro e fuori di noi. Il viaggio prosegue con l’opera “Senza titolo # 2” di Emanuele Becheri: l’immagine ambigua di un raggio di sole rifratto sulla laguna di Venezia  stupisce l’occhio, apparendo futurista o da software ed è invece naturale e irripetibile.
Omaggio stupefacente al grande vicino di casa Piero della Francesca è l’istallazione dell’artista più giovane, Luca Pozzi: un uovo in alluminio sospeso nel vuoto, magica allusione alla Pala di Brera e al suo senso di metafisico mistero. L’effetto è qui altrettanto magico e spirituale, anche se ha una sottesa spiegazione scientifica, confermando la sintesi tra arte e matematica già attuata dal pittore del ’400. Gioca invece con lo spazio e la funzione degli oggetti Riccardo Benassi, che in “No, no place to sit” usa sgabelli da pianoforte per trasformarli in una chaise longue da attesa, quasi a ribadire che non conta l’oggetto ma il suo contesto energetico.
Al mistero ancora irrisolto, all’infinito dell’ignoto in cui siamo pur sempre sospesi e protesi, viaggiatori nel ‘dolce mare’  in cui ‘naufragava’ Leopardi, ci riporta l’opera conclusiva della Mostra, “Blowing in the wind” di Giovanni Ozzola : un blu profondo come quello in cui Modugno sognava di volare accoglie un moderno argonauta, in cui l’occhio dello spettatore specchia la propria condizione di individuo singolo, energia-luce immerso in qualcosa di abissalmente vasto.
Una mostra che pervade, soprende e commuove quella di Arezzo e che la storica dell’arte Liletta Fornasari ha definito “degna della Biennale di Venezia”: sicuramente una mostra  che vale un viaggio e una sosta per ripartire più carichi di ‘sensibili energie”.
Data recensione: 22/01/2010
Testata Giornalistica: Il Cittadino Online
Autore: Patrizia Fazzi