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Ci sono luoghi che segnano un destino. Per Arnaldo Pini quel luogo è stato le Giubbe Rosse. Suo padre Giorgio lo aveva comprato nel 1925 e Arnaldo era nato e cresciuto lì, in un appartamento

Ci sono luoghi che segnano un destino. Per Arnaldo Pini quel luogo è stato le Giubbe Rosse. Suo padre Giorgio lo aveva comprato nel 1925 e Arnaldo era nato e cresciuto lì, in un appartamento sopra il caffè, respirando per decenni l’aria delle discussioni letterarie, degli incontri tra scrittori, pittori e poeti, dell’animazione culturale della Firenze dell’epoca. Forse è anche per questo che è diventata a sua volta un letterato, e uno dei più eclettici: traduttori, poeta, libraio atiquario, bibliofilo, fondatore redattore di riviste. Ma soprattutto, grazie al suo dialogo ininterrotto con alcune figure centrali nell’intellighenzia fiorentina e non solo fiorentina come Ferruccio Masini, Luigi Rosadoni, Maurilio Adriani, Giuseppe Pontiggia e Luigi Baldacci, Pini è stato uno degli ultimi protagonisti e testimoni di una civiltà letteraria. Nel primo dopoguerra, con Guido Di Pino e altri, aveva dato vita a Caratteri, per poi passare a collaborare a Numero e a Testimonianze. Dal 1994 al 2000, l’anno della sua morte, ha diretto con Piergiovanni Permoli e Francesco Gurrieri Il Portolano, periodico di letteratura edito da Polistampa.
L’uomo e le sue molteplici attività, che lo hanno portato a interessarsi di arte, storia e filosofia religiosa, sono stati al centro dell’incontro di studio «Arnaldo Pini e il Novecenti letterario» a Firenze, che si è svolto martedì scorso al Gabinetto Vieusseux e alle Giubbe Rosse e al quale hanno partecipato, tra gli altri, Francesco Gurrieri, Giorgio Luti, Sergio Givone, Ernestina Pellegrini, Mauro Pagliai, PieroBuscioni e Piergiovanni Permoli, l’amico di una vita. Tutti riuniti intorno ai tavolini del caffè a cui Pini ha dedicato il suo ultimo libro, Incontri alle Giubbe Rosse, una Galleria di ritratti di otto personaggi del mondo della cultura e dell’arte osservati praticamente dietro le quinte: Tommaso Landolfi e il suo aristocratico profilo slavo, Silvio Loffredo, Maurizio Luzi, Curzio Malaparte, Eugenio Montale, Alessandro Parronchi, Dylan Thomas, Leone Traverso e il popolo di artisti che aveva eletto le Giubbe Rosse a sua seconda casa.
Data recensione: 13/11/2005
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Beatrice Manetti