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L’importantissimo studio di Leonardo Ginori Lisci La porcellana di Doccia pubblicato nel 1963, fu il primo a riunire in un unico contesto una serie di documenti dell’archivio Ginori che permisero di gettare nuova luce sulla porcellana di Doccia e i suoi artefici, aprendo la strada a una serie di studi pubblicati negli anni a seguire. Senza elencarli tutti, ci piace ricordarne due, in cui soprattutto la documentazione archivistica ha permesso di raggiungere nuovi punti di riferimento: l’opera di Klaus Lankheit del 1982, Die Modellsammlung der Porzellanmanufaktur Doccia e il catalogo della mostra di Vienna del 2005, Barocker Luxus Porzellan, a cura di Johann Kräftner, in cui vengono esaminati svariati aspetti del primo periodo della manifattura.
Nel lavoro di Alessandro Biancalana, la documentazione archivistica ricopre in assoluto il ruolo principale, e la monografia dedicata ai primi cento anni di produzione si snoda soprattutto come pubblicazione di importanti dati archivistici sui quali si basa la disanima dell’autore.
L’opera non poteva iniziare senza un capitolo dedicato ai proprietari, in cui non solo vengono messe in rilievo le figure del fondatore Carlo Ginori e dei suoi discendenti, ma vengono anche citati documenti relativi alla presenza di alcuni arcanisti di cui fino ad oggi le notizie erano in parte non chiare. Viene, fra l’altro, chiarita la presenza del cosiddetto “Samuele Sassone” meglio identificato con Samuel Hietzig, già attivo a Meissen fino al 1745, finalmente esentato dall’aver concepito la formula del cosiddetto masso bastardo. Inoltre, con l’esame dei documenti riguardanti i contatti con il francese Jean d’Arcet, consulente della manifattura di Sèvres, viene segnalato che già nel 1772 venne introdotto nella manifattura Ginori l’uso del caolino di Limoges: le terre caoliniche di Saint Yriex, presso Limoges, sono in effetti le medesime che già furono impiegate dal 1769 in avanti dalla manifattura di Sèvres. Ne consegue non solo una rivalutazione delle tecniche impiegate nella manifattura toscana bensì l’evidenziazione di una internazionalità nell’informazione scientifica che avrebbe caratterizzato la manifattura anche negli anni a venire.
Nel terzo capitolo del libro l’autore dedica un attento esame alla produzione di maiolica, la prima della manifattura Ginori, mettendo in rilievo come questa produzione, di chiara impronta francese grazie alla documentata presenza di Nicola Le Tourneau di Nevers, sia rimasta in voga anche nel primo quarto del XIX secolo. La citazione dalle fonti di archivio di un importante bassorilievo alto quasi centoventi centimetri e rappresentante la Pietà, rende testimonianza di come anche in maiolica venissero eseguite sculture di rilievo, pur rimanendo queste prerogativa della produzione in porcellana.
Una importante disanima viene dedicata a Gaspero Bruschi, direttore della sezione di scultura, avvalorata dalla pubblicazione di alcuni documenti che – se parzialmente già esaminati in precedenti pubblicazioni – vengono qui a delineare la figura di questo scultore non solo in quanto direttore artistico bensì anche nel suo fondamentale ruolo dirigenziale del reparto di scultura e, ovviamente, di responsabile della collezione di forme e modelli che avrebbero costituito l’importante repertorio iconografico della manifattura stessa. La sua composita personalità non sarebbe stata tale senza il continuo confronto con Carlo Ginori, riferito dall’abbondante corrispondenza in cui vengono confermati sia il costante controllo del Senatore sull’attività della manifattura che la sua volontà nel programma iconografico, rispondenti – come già è stato sottolineato in precedenza– a un preciso intento di politica culturale.
Di particolare rilievo è inoltre l’esame di alcuni documenti che riguardano la direzione di Lorenzo Ginori e la produzione di gusto neoclassico, soprattutto in relazione al reperimento di copie dei prototipi antichi. Se in precedenza erano già stati indagati i rapporti fra Bottari, Cavaceppi e Carlo Ginori, soprattutto in relazione alle copie dall’antico (vedi il catalogo della mostra Ricordi dall’Antico, a cura di Andreina d’Agliano e Luca Melegati) l’opera di Biancalana apre a ulteriori indagini con l’esame della corrispondenza fra Lorenzo Ginori e il formatore Paolo Venasca, figura di dubbia condotta, che scrive di aver fatto riprodurre “le figure e ornati del deserre bellissimo che fa il signor Volpati per l’ambasciatore di Venezia” ( il noto centro tavola oggi al Museo Civico di Bassano, n.d.r). Viene inoltre riportata una importante corrispondenza che attesta i rapporti fra Lorenzo Ginori e Giuseppe Valadier, al quale venne, fra l’altro, spedito dallo stesso Lorenzo un servito di porcellana per ventiquattro persone.
Dopo aver approfondito le fonti, la ricerca continua prendendo in esame in maniera cronologica le diverse opere scultoree alla luce dei documenti, in parte pubblicati per esteso nel testo, consentendo così un rapido confronto con le notizie stesse: a tal proposito sarebbe forse stato conveniente dividere le plastiche di Doccia non solo in relazione agli scultori che operavano in fabbrica, quanto agli artisti che – alla luce dei documenti e degli studi – vengono ad oggi ritenuti gli autori dei modelli originali, dando così luogo a una sezione di repertorio che forse avrebbe reso più agevole la consultazione di questa meritevole opera.
Non entriamo in merito alla datazione di alcune plastiche e in particolare nell’annoso campo del bassorilievo istoriato, non ancora studiato con sufficienza e la cui documentazione archivistica non permette – almeno per alcuni esemplari – datazioni precise. Rimane viceversa il fatto che in una così ampia lista di oggetti la documentazione archivistica prodotta è sicuramente di alto valore, anche se si avvertono leggere perplessità nel campo delle datazioni e nel fatto di aver accomunato in un unico capitolo le due importanti sezioni della scultura e della pittura.
I pittori di Doccia avrebbero forse meritato un capitolo a sé, in quanto costituiscono argomento di primaria importanza, come testimoniano studi precedenti effettuati dallo stesso Biancalana. Nel volume, l’autore esamina attentamente l’opera di Anreiter e dei figli, per poi passare al lavoro di Giuseppe Romei, pittore di qualità altissima, la cui mano è stata identificata grazie alla notevole documentazione archivistica che già in occasione precedenti ha permesso di individuar l’opera di questo artista. Interessante risulta il tentativo di ricostruire la mano degli altri pittori della manifattura e la pubblicazione dei diversi soggetti rappresentati, con ricerca e menzione delle fonti grafiche utilizzate.
Il paragrafo dedicato all’aspetto commerciale riporta notizie su Joannon de St. Laurent, figura di spicco culturale nella Firenze lorenese. A lui si deve una particolare idea, che ben si collega anche agli interessi scientifici e alchemici già dimostrati da Carlo Ginori, in quanto fu l’ispiratore della pratica di realizzare gruppetti in porcellana destinati a esser gettati in mare per farvi crescere il corallo. Oltre alla sperimentazione scientifica, il pragmatismo di St. Laurent è legato alla capacità di inquadrare la manifattura sotto diversi aspetti, economici e organizzativi, oltre alla comprensione – di impronta ovviamente illuministica – della grande capacità chimica e imprenditoriale alla base dello sviluppo della fabbrica toscana.
La ricerca nel campo chimico – assai importante per il successo della manifattura– viene ben messa in rilievo da Biancalana, che ad esso dedica l’ultima parte del suo libro, prendendo in esame il Catalogo delle terre e minerali che si trovano nel museo della manifattura Ginori a Doccia in cui vengono citate le cosiddette materie prime, vale a dire tutti i materiali, fra cui le numerosissime terre (ben quattrocentoquarantadue!) utilizzate, con notizie importantissime non solo per la provenienza delle stesse, ma anche per le cave da cui venivano estratte. In questa parte l’autore si sofferma con meticolosa attenzione sulle caratteristiche dei materiali, sia su quelli di derivazione toscana che sulla “Terra fatta portare dal Veneziano” denominazione con cui si indicava il caolino della valle del Tretto, utilizzato anche dalle manifatture Vezzi, Cozzi e Antonibon per cui si sono verificati, soprattutto in passato, diversi errori attributivi.
In particolare, ci sembra molto importante la parte dedicata ai “massi”, vale a dire gli impasti ceramici che si producevano a Doccia nonché la sezione delle vernici e dei colori: grazie alle numerose notizie riportate, è oggi possibile conoscere in maniera assai più dettagliata la produzione della manifattura di Doccia durante il XVIII secolo e soprattutto è più facile comprendere la differenza di colore dei diversi impasti che caratterizzarono il primo periodo di questa affascinante manifattura. L’autore sottolinea l’uso di vernici di tipo “tenero”, già all’epoca del fondatore, in cui lo stesso Carlo Ginori ordina di utilizzare tipi di vernice bianca per vasi o oggetti di grandi dimensioni in cui il masso di porcellana non risultava trasparente bensì troppo scuro. Verrebbe quindi a cadere l’ipotesi che sia stato Samuel Hietzig a introdurre la vernice “tenera” per il cosiddetto “masso bastardo”, bensì precedentemente per la così detta “porcellana bastarda”, Carlo Ginori stesso, che poi risulta esser stato il vero “alchimista” della manifattura.
L’opera si chiude con un importante capitolo dedicato ai colori impiegati, sottolineando non solo l’importanza dell’Anreiter nella preparazione degli stessi ma soprattutto l’interesse del Ginori: concludendo, potremmo anche dire che l’opera di Alessandro Biancalana rende omaggio alla poliedrica e geniale attività di Carlo Ginori, che non solo fu l’ideatore di una attività che avrebbe portato Firenze e la Toscana a concorrere con Dresda, bensì unificò nella sua persona il genio scientifico e imprenditoriale che concorse a fare di lui una delle figure più rappresentative dell’Italia nel secolo dei lumi.
Data recensione: 01/01/2009
Testata Giornalistica: Amici di Doccia - Quaderni
Autore: Andreina d’Agliano