chiudi

In occasione della ultima edizione della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, è stato presentato “Stefano Bardini e Wilhelm Bode. Mercanti e connaisseurs fra Ottocento e Novecento” edito da Polistampa e basato su uno studio di Valerie Nie

In occasione della ultima edizione della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, è stato presentato “Stefano Bardini e Wilhelm Bode. Mercanti e connaisseurs fra Ottocento e Novecento” edito da Polistampa e basato su uno studio di Valerie Niemeyer Chini del carteggio privato, finora inedito, intercorso tra il grande storico dell’arte curatore dei Regi musei di Berlino e colui che, alla fine dell’Ottocento, fu capace di influenzare profondamente il mercato dell’arte.
Sono in ritardo con questa recensione perché si tratta di un gran bel volume e, immediatamente catturata, l’ho letto prendendo appunti. Infatti, la corrispondenza, oltre all’inquadramento della storia del rapporto di collaborazione, si rivelata fonte preziosa di informazioni ufficiose, permettendo la ricostruzione di alcuni traffici d’arte importanti, dalle provenienze alle dinamiche di mercato, dai giochi e ricatti psicologici a grandi disquisizioni d’arte e di affinità di gusto, dalla presentazione di nuove tipologie di oggetti al concetto della presentazione integrata e a nuovi indirizzi di ricerca artistica, dai tappeti orientali alle maioliche, agli stucchi, alle cornici, ai cassoni.
Un carteggio che parte nel 1875 e arriva al 1920 e, oltre a evidenziare i complessi legami del commercio di opere d’arte, focalizza su quell’asse culturale tra Italia e Germania che orientò l’incrocio di delicate interferenze tra settori diversi quali arte, politica, economia nei decenni successivi.
Se Bardini, come spiega l’autrice, “fornì gli elementi ed alcune idee per realizzare un ‘sogno’, il sogno di un’epoca in cui l’uomo si mise al centro dell’universo essendo in grado di decifrarlo e di coordinarlo con bellezza, ingegno e armonia, Bode diede il proprio contributo nel riprodurlo e nell’offrirlo al pubblico entro le mura dei musei, nelle raccolte private e fra le pagine dei suoi libri”.
Bardini e Bode si incontrarono nel 1875, data anticipata rispetto agli studi finora condotti, quando le rispettive carriere erano agli inizi e bruciarono velocemente le tappe. In pochi mesi Bode scavalcò Julius Meyer, di cui era l’assistente, nella ‘battuta di caccia’ alle opere d’arte in Italia. Il primo affare venne realizzato nello stesso anno con Profilo di donna, attribuito da Lightbrown alla scuola di Botticelli (per Bardini il quadro proveniva dalla collezione delle sorelle Toscanelli di Monopoli che lo avrebbero ereditato da uno zio, già ai servigi dei Riccardi prima della vendita di Palazzo Medici-Riccardi, e quindi riconducibile al ritratto della ‘Fiammetta’ nella Guardaroba Medicea, ma da appurare con ulteriori indagini archivistiche).
Comunque sia, quest’opera fino a ora non era stata ricondotta al Bardini anche perché nel Catalogo generale della Gemäldegalerie viene tutt’oggi indicato come proveniente dalla collezione del cav. Coppi, che in base ai documenti esaminati, avrebbe assolto la mera funzione di intermediario.
Come ci spiega Antonella Nesi, Curatrice del Museo Stefano Bardini, l’anno di svolta fu il 1879 quando  “veniva acquisita in blocco la collezione Strozzi. Fu un fiore all’occhiello per Bode, che rapidamente stava salendo i gradini della sua carriera museale, ma fu anche l’affare che impose Bardini come il più fine e autorevole referente d’arte a Firenze”.
Le affermazioni professionali di entrambi delinearono, i decenni Ottanta e Novanta dell’Ottocento, come gli anni d’oro dell’imperialismo culturale germanico e dell’esodo, anche indiscriminato, di opere italiane con perdite come il Ritratto di Tommaso (Fedra) Inghirami di Raffaello (ora all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston), dell’Adorazione dei pastori e della Madonna con Bambini e Santi del Signorelli provenienti dalla collezione Mancini di Città di Castello e ora alla National Gallery di Londra, del ciborio con Cristo benedicente e sei angeli di fra Giovanni da Fiesole noto come il ‘Tabernacolo Stroganoff’ ora all’Ermitage di San Pietroburgo, del Cristo crocifisso proveniente da San Domenico a Fiesole sempre dell’Angelico e del Ritratto di vecchio con Bambino del Ghiralandaio ora al Louvre, del Niccolò da Uzzano, il busto in terracotta policroma di Donatello ora al Bargello, dell’Altare di San Sebastiano del Rossellino con pitture di Francesco Botticini ora al museo della Collegiata di Empoli, degli affreschi del Botticelli dalla Villa di Petronio Lemmi già Tornabuoni ora al Louvre, solo per citare le più celebri.
Poi, negli ultimi due decenni dell’Ottocento, le esportazioni, spesso illegali, aumentaro in modo esponenziale verso musei e le collezioni private europee o americane ed emersero anche le prime voci di salvaguardia e tutela delle opere italiane.
Triangolazioni fra protettore, mercante e conoscitore permettevano la nascita di nuclei collezionistici talvolta imponenti di personalità legate a Bode: dall’Imperatore ai funzionari museali come Adolf von Beckerath e Friedrich Lippmann, dai Principi Giovanni del Liechtenstein e von Fürstenberg ai membri del Kaiser-Friedrich-Museums-Verein (la prima associazione di ’Amici dei Musei’ in Germania che aveva il compito di prestare denaro liquido per assicurare il primato nella battaglia di acquisizioni.
In pochi anni, Bardini poteva vantare la fiducia sempre maggiore di compratori e venditori, creando una fitta rete di corrispondenze con collaboratori in tutta la penisola e ovunque fosse battuta un’asta rilevante il suo nome era presente.
Con il nuovo secolo, le compravendite subirono un concreto arresto per la prima legge in materia di tutela artistica datata 1902. Due anni dopo, però Bode inaugurava il Kaiser-Friedrich-Museum (l’attuale Bode Museum sull’Isola dei Musei a Berlino) mentre Bardini apriva alle esposizioni universali e al mercato americano per consolidare il proprio impero.
Con l’avvicinarsi del primo conflitto mondiale gli affari di Bardini ebbero un vertiginoso calo tanto che iniziaroni lunghi silenzi interrotti da maliconiche riflessioni, ascoltate e accolte da Bode con il quale in passato aveva avuto aspre discussioni e che, nel 1922, scriverà un necrologio in suo onore.
Ho cercato di fornire una panoramica degli argomenti che potrete approfondire con questa pubblicazione professionale, ma fruibile anche dall’appassionato attraverso 429 note, elenchi sintetici, ma completi delle lettere e al regesto degli archivi consultati (il Zentral Archiv der Staatlichen Museen zu Berlin e l’Archivio Bardini di proprietà del Comune di Firenze) e con un bel numero di immagini.
Data recensione: 03/11/2009
Testata Giornalistica: Arte e Arti
Autore: Katty Colzi