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A cinquant’anni dalla pubblicazione di

A cinquant’anni dalla pubblicazione di "Signorina Rosina", un convegno sull’ opera di Antonio Pizzuto (a Bagheria, a Villa Cattolica da lunedì a mercoledì), riaccenderà i riflettori su uno degli scrittori più controversi del ‘900. A confrontarsi, anche sul terreno filosofico, saranno lettori di vecchia data delle opere del questore, suoi affezionati esegeti: Walter Pedullà, Angelo Guglielmi, Denis Ferraris, Gualberto Albino, Gillo Dorfles, Antonio Pane, che negli ultimi anni ha curato una serie di ristampe delle opere pizzutiane, affiancati da Natale Tedesco, Domenica Perrone, Salvo Zarcone, Giuseppe Bentivegna e altri. Mezzo secolo dopo l’ epifania del suo romanzo più leggibile, si tenta dunque di proporre un bilancio sullo stato degli studi. «Cos’è Pizzuto, questo siciliano cosmopolita?», si chiedeva anni fa Sebastiano Addamo in un pezzo che era il tentativo di un breve schizzo. Alla domanda si cercherà di dare una risposta, nei tre giorni di lavori. Di certo, l’irruzione del questore palermitano nell’universo letterario provocò sorpresa e disappunto. L’esordio tardivo, l’imprevedibilità dello stile, una coscienza avanguardistica che non rinnegava la tradizione, furono tutti ingredienti di una ricetta che indussea entusiasmi forse un poco eccessivi, e a rifiuti un tantino epidermici. Questo "sbirro", come lui stesso si definiva, che dalla prigione borghese delle pratichee della carriera riuscì ad evadere grazie alla vertigine dello stile, fu croce e delizia delle nostre patrie lettere. Osannato da Gianfranco Contini, Cesare Segre (accecati dai suoi ablativi assoluti), fagocitato in parte dai ragazzi della neoavanguardia, che in lui videro una sorta di padre laterale, Pizzuto, estraneo in realtà a qualsiasi moda o tendenza, fu subito elevato alla metafisica della letteratura. Anche quando la sua prosa si ridusse, per dirla con Luigi Baldacci, «a un nonsenso congelato in un presente atemporale», lambendo le vette di una impraticabilità sostanziale da parte del lettore. Tanto che, come ha dimostrato con le ultime sue curatele Antonio Pane, per venire a capo di certi riferimenti, per sciogliere quelli che sembrano quasi degli oracoli, occorre lavorare sulla sua scrittura con la pazienza e la passione di chi ha pratica di enigmistica. Ma sarebbe ingiusto liquidare l’autore di "Si riparano bambole" alla stregua di un eversore della forma, vittima dei suoi stessi congegni, soprattutto se si tengono in considerazione le sue prime prove, laddove la parcellizzazione del romanzo lasciava ancora intravedere le vicende banali di personaggi borghesi alle prese con rituali insensati, intentia puntellare il tempo che sfugge via, a cancellare incubiea dare calorea una vita raggelata.A furia poi di togliere peso alle parole, Pizzuto ha dato forma ai suoi tardivi geroglifici. Da cui, anche grazie a questo convegno, si cercherà di tirarlo fuori.   
Data recensione: 17/10/2009
Testata Giornalistica: La Repubblica
Autore: Salvatore Ferlita