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La Gioconda, ancora lei. Mentre si susseguono sulla stampa anticipazioni sulle prossime rivelazioni di studiosi vari, che ne svelano nuove ‘rivoluzionarie’ identità, arriva nelle librerie un sobrio volumetto a firma Josephine Rogers Mariotti, dal titolo «

La Gioconda, ancora lei. Mentre si susseguono sulla stampa anticipazioni sulle prossime rivelazioni di studiosi vari, che ne svelano nuove ‘rivoluzionarie’ identità, arriva nelle librerie un sobrio volumetto a firma Josephine Rogers Mariotti, dal titolo «Monna Lisa. La ‘Gioconda’ del Magnifico Giuliano». Edito dalla fiorentina Polistama, fa parte de ‘I grani’, collana di saggi di storia dell’arte diretta da Antonio Natali, cioè dal direttore degli Uffizi.
Niente a che vedere con ‘La Gioconda nuda’, ultimo dei lanci delle agenzie di stampa, che in realtà si riferisce alla prossima uscita, sempre per Polistampa, di uno studio di Renzo Manetti, «Il velo della Gioconda», in cui si ipotizza, e non è la prima volta, che Leonardo abbia dipinto anche una Gioconda senza veli.
In tanto ‘furor’ giocondifero, non stupisce che il Museo Ideale Leonardo da Vinci abbia deciso di prorogare fino al 6 gennaio 2010 la mostra «Joconde. Da Monna Lisa alla Gioconda nuda . Per i bulimici di Gioconda, con una parte storica, dove si espone anche quella ‘Gioconda nuda’ un tempo attribuita a Leonardo, una di quelle che Manetti ipotizza essere copia di un originale perduto, oltre a una sezione contemporanea che documenta uso e abuso dell’incolpevole Monna Lisa, da Duchamp ai giorni nostri. Ovvero, tutto ciò che l’ ha trasformata in un’ icona che ne cancella il dato artistico. Con l’obbiettivo futuro di catalogare tutte le Gioconde del mondo, impresa non da poco.
Tornando a lidi più pacati, lo studio della Rogers Mariotti (edizione curata, formato tascabile con copertina rigida cartonata, bella carta, belle immagini), unisce due doti sempre meno diffuse, chiarezza e sintesi. Denso di informazioni e documenti, lontano dai sensazionalismi, propone una nuova ipotesi. Suffragata da documenti inediti.
Il nocciolo della questione è semplice: due fonti cinquecentesche rammentano un ritratto identificato con quello oggi al Louvre. Due fonti, Giorgio Vasari e Antonio de Beatis, segretario del cardinale Luigi d’Aragona, che visitò lo studio dell’artista nel 1517. Bene, fin’ora si ritenevano queste due fonti discordanti. De Beatis rammenta un ritratto commissionato dal magnifico Giuliano, quel Giuliano de’ Medici, figlio di Lorenzo e nipote dell’omonimo zio vittima della congiura de’ Pazzi, che aveva conosciuto Leonardo negli anni dell’esilio seguito alla cacciata della famiglia da Firenze (1494). Al seguito ambedue di Lodovico il Moro, o nel 1500, in occasione di una visita di Leonardo a Venezia, dove Giuliano soggiornava.
Rientrato a Firenze nel 1512, Giuliano chiama l’anno successivo Leonardo al suo servizio, trattandolo, lo testimonia Benedetto Varchi, “più tosto da fratello che da compagno”. Tanto che alla prematura morte di Giuliano, il 17 marzo 1516 (era nato nel 1479), l’artista annota: “li medici mi crearono e mi desstrussono”. La seconda fonte, Vasari, nelle sue “Vite” descrive un ritratto di Monna Lisa del Giocondo, moglie di Francesco. Gli studiosi hanno sempre ritenuto che si trattasse di due dipinti diversi, identificando il ritratto del Louvre ora con l’uno, ora con l’altro. Infatti, perché Giuliano si sarebbe dovuto tenere in casa il ritratto della moglie di un altro? Che nemmeno conosceva?
Ma la Rogers Mariotti ha rinvenuto documenti che dimostrano inequivocabilmente le relazioni intercorse fra il ricco mercante Francesco del Giocondo e Giuliano. Relazioni che più pesanti non potevano essere. Francesco fu fra i finanziatori del ritorno al potere dei Medici, legatissimo politicamente a loro. Inoltre le due famiglie frequentavano il vicino monastero di Sant’Orsola. Insomma, Monna Lisa sarebbe stata per Giuliano quello che era stata Laura per Petrarca, visto che Giuliano, anche qui la Rogers Mariotti è prodiga di documenti, era un illustre esponente di quella tradizione cortese. Anche se condividiamo il sospetto insinuato nella prefazione da Antonio Natali, dato che Giuliano era un Don Giovanni celebre per performance amorose che lo portarono, nell’agosto del 1514, a rinchiudersi per tre giorni e tre notti nel palazzo di via Larga (l’attuale palazzo Medici Riccardi) con diverse donne. Per riprendersi dai bagordi gli ci volle un soggiorno alle terme.
Forse per placcare preventivamente questo contributo, sono uscite nelle scorse settimane anticipazioni di altre ipotesi. Repubblica ha pubblicato la tesi che Roberto Zapperi espone in un libro in commercio da gennaio, essere quello del Louvre il ritratto del ricordo che Giuliano aveva di una sua amante di Urbino, menzionata da Baldassarre Castiglione come “La Brandana”, che gli aveva dato un figlio. Alla morte di lei Giuliano lo riconosce e lo porta con sé. Sarebbe proprio per lui, per donargli un’immagine della madre mai conosciuta, che Giuliano commissionerebbe il dipinto a Leonardo.
Risponde il giorno dopo il Corriere, con la tesi della studiosa tedesca Magdalena Soest: la cosiddetta Gioconda è il ritratto della ‘Tigressa’, la feroce e bellissima Caterina Sforza, madre di Giovanni dalle Bande Nere. In attesa che qualche volonteroso si legga le 450 pagine del tomo, in uscita del 2010, e ce lo riassuma, sorge spontanea la domanda del perché tanto generale accanimento proprio sull’identità della dama ritratta nel quadro del Louvre.
Data recensione: 19/11/2009
Testata Giornalistica: Il Sole 24 Ore Online
Autore: Valeria Ronzani