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Pubblicata a 63 anni di distanza la relazione Morozzi sui danni al patrimonio artistico. Il Battistero, il Bel San Giovanni, venne colpito da una cannonata. Il Campanile di Giotto fu danneggiato da un crepitio di proiettili.

Pubblicata a 63 anni di distanza la relazione Morozzi sui danni al patrimonio artisticoIl Battistero, il Bel San Giovanni, venne colpito da una cannonata. Il Campanile di Giotto fu danneggiato da un crepitio di proiettili. Fra il 3 e il 4 agosto 1944, Firenze era il campo di battaglia fra i tedeschi in ritirata e gli alleati che avanzavano sostenuti dai partigiani. Nonostante le assicurazioni di alti ufficiali nazisti, già studenti dell’Accademia delle belle arti, il tonfo delle bombe e il fischio delle mitragliatrici non risparmiarono gioielli medievali e di culto.
Alla fine della guerra, per riparare «l’estradosso della Cupola del Battistero» e risistemare la «mensole del ballatoio terminale del Campanile ci vollero 365 mila e 500 lire. Un milione e 500 mila lire servirono per riconsolidare il campanile della Chiesa dei Santissimi Apostoli; due milioni e 23 mila lire furono necessarie per rifare il tetto della Badia Fiorentina scoperchiata dalle cannonate; 80 mila lire servirono per risistemare il soffitto della Cappella di Sant’Egidio, annessa all’ospedale di Santa Maria Nuova, costruita su piani di Lorenzo di Bicci. Ben tre milioni e 500 mila lire vennero destinati «a una altro tetto sacro e prestigioso, quello di Santa Croce che copre anche i Sepolcri cantati dal Foscolo. E che di cannonate, nei secoli ne ha subite tante, a cominciare da quelle delle truppe di Carlo V durante l’assedio del 1530. Di questo e di molto altro si è letto tanto dal 1946 in poi. Ma a distanza di sessantacinque anni dagli ultimi colpi di cannone, arriva la ricostruzione ufficiale, corredata dalle immagini scattate dai fotografi di guerra, attraverso la «Relazione sui danni sofferti a causa della guerra dal patrimonio artistico monumentale».
La pubblicazione (Edizioni Polistampa, a cura di Claudio Paolini per conto della soprintendenza e del ministero per i beni culturali), presentata dall’assessore regionale Paolo Cocchi nell’ambito dei «Caffè a casa Siviero», è firmata dall’architetto Guido Morozzi. Appunto il tecnico, allora giovanissimo, incaricato, mentre le macerie erano ancora fumanti, di dirigere la «sezione speciale per l’esecuzione dei lavori agli edifici monumentali». Un uomo che seppe lavorare bene negli anni Quaranta e che il destino costrinse a occuparsi di un’altra devastazione, quella dell’Arno, quando, nel 1966, guidava la Soprintendenza. Con la mano del professionista, accompagnata però dalla profonda conoscenza e dall’amore per la sua materia, Morozzi mise insieme 223 fogli numerati, rilegati in tela, con l’integrazione: «Elenco dei lavori di riparazione dei danni di guerra».
La lettura di queste pagine da una parte stringe il cuore (le distruzioni intorno al Ponte Vecchio, le torri rovinate, le pigne del Ponte a Santa Trinita mozzate) ma dall’altra dovrebbe istruire chi si occupa di opere pubbliche. Morozzi infatti racconta che, dal 1946 in poi, i lavori furono rapidi ed efficaci. Con burocrazia al minimo. La sottocommissione alleata per i Monumenti, diretta dal tenente Frederick Hartt, aprì e chiuse ben trecentotrentasei cantieri, non solo a Firenze. In provincia di Pistoia il ripristino più importante fu quello alla Pieve di Castelvecchio di Pescia. In provincia di Arezzo l’elenco comprende i restauri urgenti alla chiesa di Santa Maria delle Grazie e di San Francesco nel capoluogo e i monumenti del Casentino, di Cortona, di Anghiari, del Valdarno. Zone piagate dal passaggio del fronte. Zone risorte, nonostante gli odi e le vendette del dopoguerra. Zone che hanno avuto la fortuna di poter contare su esperti come Morozzi, consapevole di dover salvaguardare, nella generale distruzione, un patrimonio per il quale Firenze e la Toscana sono quel che sono e contano quel che contano.
Data recensione: 11/10/2009
Testata Giornalistica: La Nazione
Autore: Sandro Bennucci